Marketing del Posizionamento #4 – Breve storia del marketing

Marketing – L’era dei prodotti

Secondo Al Reis e Jack Trout negli anni Cinquanta, la pubblicità si trovava nell’era dei prodotti.

Per diversi aspetti, questi erano i bei vecchi tempi in cui la “migliore trappola per topi” e un po’ di soldi per promuoverla, erano tutto ciò di cui avevi bisogno per vendere.

Era un periodo in cui i pubblicitari concentravano la loro attenzione sulle caratteristiche del prodotto e sui vantaggi per il cliente.

Cercavano la “Proposta di vendita unica”. La famigerata Unique Selling Proposition.

Ma alla fine degli anni Cinquanta, la tecnologia iniziò ad alzare la sua mostruosa testa, ed è diventato sempre più difficile stabilire quella “USP”.

La fine dell’era dei prodotti è arrivata con l’ eccesso di prodotti.

Perché la tua “migliore trappola per topi” era rapidamente seguita da altre due che gli somigliavano.

Entrambe affermavano di essere migliore della tua. La concorrenza era spietata e quasi mai era onesta.

Marketing – L’era dell’immagine

La fase successiva è stata l’era dell’immagine.

Negli anni 60 e 70 le aziende di successo avevano scoperto che la reputazione, o l’immagine, era più importante nella vendita di un prodotto, rispetto a qualsiasi caratteristica specifica del prodotto stesso!

E non è mica difficile immaginare perché, in mezzo a tanti prodotti tutti uguali, una buona reputazione potesse fare la differenza.

Ma proprio come l’eccesso di prodotti ha ucciso l’era dei prodotti, l’eccesso di buone reputazioni, ha ucciso l’era della reputazione.

Poiché ogni azienda ha cercato di dare una bella immagine di sé, il livello di rumore è diventato così alto che relativamente poche aziende ci sono riuscite.

E fa un poco sorridere che di quelle che ce l’hanno fatta, nella maggior parte dei casi lo dovevano ad uno straordinario bagaglio tecnico dei loro prodotti.

Non di certo a una straordinaria campagna pubblicitaria.

Vedi Xerox e Polaroid, per esempio.

Marketing – L’era del posizionamento

Di conseguenza i pubblicitari, entrano negli anni 80 adottando un approccio più prosaico.

Considerano i punti di forza e di debolezza di un’azienda cliente, considerano quelli dei suoi concorrenti ed elaborano una strategia.

Con l’obiettivo di far percepire l’azienda cliente come leader di un settore, da una nicchia profittevole di clientela.

Lo scopo è trovare un mondo, un mercato, un contesto in cui essere primi.

E con questo, a mio avviso, danno i natali a uno dei concetti più fraintesi del marketing. La differenziazione.

Perché non si tratta di operare in maniera diversa in un dato contesto per farsi scegliere!

Campa cavallo che l’erba cresce!

Si tratta di inventare un contesto differente in cui essere unici!

Questo si che è interessante!

Tenendo bene a mente questo, consideriamo alcuni esempi del testo, Positioning.

La lezione di marketing di Amerigo Vespucci

IBM non ha inventato il computer. Sperry Rand l’ha fatto. Ma IBM è stata la prima azienda a costruire un posizionamento per l’informatica nella mente dei potenziali clienti.

Lo Sperry-Rand del XV secolo era Cristoforo Colombo.Che ha commesso l’errore di cercare l’oro tenendo la bocca chiusa.

Amerigo Vespucci no. L’IBM del XV secolo. Amerigo era 5 anni indietro rispetto a Cristoforo. Ma lui ha fatto bene due cose.

  1. Ha posizionato il Nuovo Mondo come un continente separato, totalmente distinto dall’Asia. Causando una rivoluzione nella geografia del suo tempo.

  1. Ha scritto ampiamente delle sue scoperte e teorie. E le sue cinque lettere sul suo terzo viaggio sono stati tradotte in 40 lingue nell’arco di 25 anni.

E di queste 2 cose fatte da Amerigo, vale la pena prendere nota.

Prima di morire, la Spagna gli concesse la cittadinanza castigliana e gli conferì un importante incarico statale.

Di conseguenza, gli europei attribuirono ad Amerigo Vespucci la scoperta dell’America e la chiamarono col suo nome.

Cristoforo Colombo morì in carcere.

Posizionamento, sensi e qualità. C’è una correlazione?

Poi gli autori fanno un esempio di come ha fatto un marchio tedesco a riposizionarsi nel mercato Americano, o nella mente degli americani.

Un esempio che a mio avviso racconta anche dell’altro.

“Hai assaggiato la birra tedesca che è la più popolare in America. Ora assaggia la birra tedesca che è la più popolare in Germania”.

È così che la birra Beck’s si è riposizionata prima, in America, contro Lowenbrau.

Lowenbrau, d’altra parte, ha rinunciato alla lotta ed è diventato un marchio nazionale.

Marchio nazionale che personalmente considero qualitativamente 4 spanne sopra Beck’s.

Lo dico perché quando la mente è ridotta a un postribolo del marketing, ascoltare i propri sensi può essere perfino saggio.

Perché possono essere loro a posizionare il prodotto che va bene per me, se sono io il cliente.

La concezione di quantità e qualità preserva la sua utilità anche quando si parla di posizionamento.

Non è un caso che molte tecniche di marketing che attecchiscono negli Stati Uniti, in Italia non funzionano.

Se poi si tratta di posizionare cibi e bevande usando le parole, forse i pubblicitari non hanno ancora capito bene un concetto.

Se si tratta di cibo, gli Italiani la loro lingua la sanno usare bene, ma per degustare, non per giocare con le parole.

Te “a marketer”, puoi dire quello che ti pare. Ma prima che io ti compri la cassa di birra, ne vorrò assaggiare una pinta. E se mi farà schifo, sarai il primo, nella lista dei miei mai più!

Considerazioni auree

Perché secondo me non è vero che quello che è valido nel business è valido anche in natura.

Semmai è il contrario. Quello che è valido in natura è valido anche nel business.

Non è mica la stessa cosa. Da questo lato mi pare ci sia un pochino meno arroganza!

In natura, gli stronzi prima o poi vengono a galla. E dove gli stronzi galleggiano, gli esseri umani non fanno il bagno. Vale anche nel business.

Per questo le ricette di marketing funzionano a periodi.

Poi cominciano a galleggiare!

Gagliardo eh?

Cos’è Il Marketing di Posizionamento? #3

Nei video precedenti

Il marketing del posizionamento #1

Il marketing del posizionamento #2

Imprinting e posizionamento

Secondo gli autori di “positioning” Ciò che è vero negli affari è vero anche in natura. E fanno l’esempio dell’ “Imprinting,” il termine usato dai biologi, per descrivere il primo incontro tra un animale appena nato e sua madre.

Bastano pochi secondi per fissare indelebilmente nella memoria del cucciolo l’identità del suo genitore. A meno che, nel processo di imprinting, la madre non sia sostituita.

Poco importa se da un cane, un gatto o uno spray nasale, quello per l’anatroccolo sarà la mamma naturale.

A me, l’idea di scambiare mia mamma con una lattina di birra, mi mette a disagio. Però non posso dire di non essermici mai attaccato per succhiare nutrimento.

Innamoramento, ricettività e posizionamento.

Gli autori sostengono che l’innamoramento è un fenomeno simile. Perché sebbene le persone siano più selettive delle anatre, sono meno selettive di quanto si suppone. E scrivono una frase secondo me importantissima:

“Ciò che conta di più è la ricettività”.

Due persone devono incontrarsi in una situazione in cui entrambi sono ricettivi all’idea. Lo dicono cosi, restando vaghi.

Si ma quale idea! Dobbiamo parlare per allusioni? E Vabbè.

Entrambi devono avere finestre aperte. Cioè, nessuno dei due è profondamente innamorato di qualcun altro. Cioè la posizione… mentale… diciamo… è libera.

Osano un poco di più i nostri due pubblicitari, dichiarando che il matrimonio, come istituzione umana, dipende dal concetto di chi fa prima a essere il migliore. E così gli affari.

Dicono:

“Se vuoi avere successo in amore o negli affari, devi apprezzare l’importanza di entrare per primo nella mente di qualcuno. Perché fidelizzi un cliente a un marchio di un supermercato, nello stesso modo in cui costruisci la fedeltà del partner in un matrimonio; arrivi per primo e poi stai attento a non dargli un motivo per cambiare”!

Davvero? E allora ci credo che in America ci sono più divorzi che matrimoni. Chi è che non ha almeno un motivo per cambiare il proprio partner!

Dai, stop con l’ipocrisia e lascia da parte il moralismo e il manierismo almeno adesso, che stai semplicemente guardando un video su internet!

E poi non dimenticarti che questi fanno marketing.

Se la battaglia è mentale, chi è favorito?

Citano Damon Runyan quando disse:

“La corsa non favorisce sempre il più veloce, né la battaglia favorisce sempre il più forte, ma questo è il modo di scommettere”.

E spiegano che in una gara nel mondo fisico, le probabilità favoriscono il cavallo più veloce, la squadra più forte, il miglior giocatore. Ma non è così in una gara mentale.

In una battaglia mentale le probabilità favoriscono la prima persona, il primo prodotto, il primo politico a entrare nella mente del potenziale cliente o elettore! E detto cosi sembra vero! Forse lo è davvero!

Dicono: se non sei entrato per primo nella mente del tuo potenziale cliente (personalmente, politicamente o aziendalmente), allora hai un problema di posizionamento.

Bella zio, di sicuro sei attento a formulare la frase secondo le regole del copywriting! La regola del 3 non sbaglia un colpo.

Ma andiamo avanti!

L’importanza di essere i primi.

Secondo loro, nella pubblicità, è bene avere il miglior prodotto nel tuo campo specifico. Ma è ancora meglio essere primi.

Spiegano che esistono strategie di posizionamento per affrontare il problema di essere n. 2 o n. 3 o addirittura n. 203, ma prima è meglio assicurarsi di trovare qualcosa in cui essere i primi.

Dicono che è meglio essere un grosso pesce in un piccolo stagno (e poi aumentare le dimensioni dello stagno) che essere un piccolo pesce in un grande stagno.

Anticipazioni sul prossimo video.

Poi si lanciano in un riassunto della storia della comunicazione. Che vedremo nel prossimo video.

Gagliardo eh!? Anche il galletto!

Il Marketing del Posizionamento #2 – Lo sticchio di mercato

Posizionamento.

Se hai visto il video precedente forse sai che sto leggendo POSITIONING, di Al Reis e Jack Trout, un libro che è considerato una pietra miliare del marketing.

E saprai anche che, senza uno sforzo dedicato, la pronuncia corretta del cognome Reis mi scappa da tutte le parti. Rais, Reis, Riiæs?

Comunicazione o sovraccarico? – Come aggirare il rumore di fondo.

Difetti di pronuncia a parte, io ho l’impressione che gli autori del libro non vedessero di buon occhio l’iper comunicatività che contraddistingueva la società degli anni 80.

Chissà come si sentirebbero nel 2021 allora! Dove quell’iper comunicatività è stata aumentata esponenzialmente da diavolerie tecnologiche che loro non conoscevano: il web e i cosiddetti social networks.

Dal loro punto di vista, essendo sedotta dall’idea della comunicazione, la nostra società non riusciva a valutare i danni collaterali del grande rumore di fondo che ne derivava.

Il sovraccarico dei nostri canali percettivi ha fatto si che solo una piccola parte dei messaggi ci arrivassero. Ed è davvero improbabile che siano stati quelli più importanti!

Paradossalmente, tanto negli anni 80 come oggi, nulla sembra essere più importante della comunicazione.

Senza di essa nulla sembra realizzabile e non importa quanto tu possa essere dotato.

Se la sai usare bene, invece tutto diventa possibile.

Infatti quella che viene solitamente chiamata fortuna, con buona probabilità, è una conseguenza di una comunicazione efficace!

Secondo gli autori, la comunicazione efficace è la capacità di dire le cose giuste, alle persone giuste, al momento giusto!

 

Entrare nella mente del cliente: ma che vuol dire?

Il posizionamento quindi, è un sistema organizzato, per trovare una finestra di accesso, nella mente di uno specifico qualcuno.

E si basa sul concetto che la comunicazione deve avvenire esclusivamente nel contesto giusto, al momento giusto, verso i giusti destinatari.

Il modo più semplice per posizionarsi giusti, nella mente di una persona, secondo Al Reis, è entrarci per primo.

Entrare nella mente altrui per primi, hai capito bene.

Francamente mi sembra una spiegazione un tantino riduttiva, ma secondo lui, per constatare la validità di questo principio basta porsi alcune semplici domande.

  • Come si chiamava la prima persona che ha volato in solitaria attraverso il Nord Atlantico? Charles Lindbergh.
  • Come si chiamava la seconda persona che ha volato da sola attraverso il Nord Atlantico?
  • Come si chiama la prima persona che ha camminato sulla luna? Neil Armstrong
  • Come si chiama la seconda?
  • Come si chiama la prima persona con cui hai fatto l’amore?
  • Come si chiama la seconda?

Francamente io i nomi delle 5 donne con cui sono stato me li ricordo tutti. Ma ho trovato indimenticabili anche le parentesi con Candida e Mononucleosi.

Ma Al Reis e Jack Trout sostengono che la prima persona, la prima montagna, e perfino la prima malattia venerea a posizionarsi, sarà terribilmente difficile da rimuovere.

  • Tesla nell’automotive elettrico;
  • Amazon nel commercio on-line;
  • Facebook nei social networks;
  • Apple nel settore informatico;
  • Epstein Barr nei globuli bianchi;
  • Alessandro Barison nel Valore Relazionale!

Gli autori di Positioning poi sostengono una cosa che sembra ovvia, e invece non lo è.

 

L’importanza del brand – e di dove trova il nido.

La prima cosa di cui hai bisogno per “fissare il tuo messaggio in modo indelebile nella mente” dei clienti, non è affatto un messaggio. È una mente.

Una mente vergine. Una mente che non è stata occupata…

dal marchio di qualcun altro.

Oggi diremmo uno sticchio di mercato… ah no scusate… una nicchia di mercato.

In sostanza si parla della magia che nasce tra la nicchia e sta nicchia! Si capisce?

E infatti gli autori di Positioning ritengono che ciò che è vero negli affari è vero anche in natura.

Ne parleremo nel prossimo video.

Gagliardo eh!

https://www.youtube.com/channel/UCl36g8AuOZIb5yLgEU2IUww

https://www.linkedin.com/company/ilvalorerelazionale/

https://www.facebook.com/ilvalorerelazionale

Cos’è il marketing di posizionamento? #1

“Qui c’è un problema di comunicazione”!

Quante volte hai sentito pronunciare questa frase?

IL BRUSIO DELLA PUBBLICITÀ

La “mancanza di comunicazione” è la ragione più comune e più universale che le persone trovano per i loro problemi.Esse assumono che basti comunicare di più affinché molti dei problemi del mondo si risolvano.Sembrano essere convinte che, qualsiasi sia il problema, basta sedersi e parlarne, per risolverlo.Rassicurante!

La prima cosa da capire è che il posizionamento inizia con un cavallo di Troia, che può essere un prodotto, un servizio, un’ azienda, un’istituzione, una persona o addirittura tu stesso…o tu stessa.

Ma il posizionamento non è una cosa che tu fai al cavallo di Troia. È lo spazio che occupi, la posizione che conquisti, nella mente del destinatario, grazie al cavallo di Troia!

Ecco perché non è corretto parlare di “posizionamento del prodotto”: il posizionamento è una cosa che fai alla mente del destinatario.

Non che il posizionamento non implichi delle modifiche al prodotto, ma esse sono cosmetiche ed estetiche, funzionali a occupare una posizione privilegiata dentro la mente del potenziale cliente.

Marketing e comunicazione del posizionamento

IL RAPPORTO FRA COMUNICAZIONE E REALTÀ INTERNA DEL DESTINATARIO

Secondo Al Reis, padre del posizionamento, per avere successo oggi, devi riuscire a toccare l’unica realtà che conti: quella che è già nella mente del destinatario.

Non si tratta quindi di andare a creare qualcosa di nuovo o di diverso, ma di allacciare connessioni con quello che già esiste dentro il destinatario.

Quindi per ottenere grandi risultati, sempre secondo Al Reis, è necessario focalizzarsi su obiettivi molto specifici e segmentare i destinatari creando percorsi dedicati, verso la loro mente.

L’efficacia di questo approccio si spiega con il fatto che, la mente umana, ancor più quando è iperstimolata, accoglie solo ciò che corrisponde a conoscenze o esperienze precedenti.

Quindi una cosa è chiara:

Nel POSIZIONAMENTO Il focus della comunicazione non è sul prodotto, ma sulla mente del cliente.

Questo significa che bisogna trovare il modo di conoscerla bene. Perché è questo che permette di individuare le diverse finestre di accesso.

E a seconda delle diverse finestre di accesso alla sua mente, costruire gli aeroplanini di carta con cui spedirci i messaggi all’interno.

È questa operazione che in gergo è chiamata SEGMENTAZIONE.

LinkedIn e interazione – Come va?

12 mesi di LinkedIn – qualche considerazione

Questo è il mio dodicesimo mese come specialista di Linkedin. E posso dichiararmi pienamente soddisfatto della piattaforma, per quanto riguarda la fase di interessamento.

Quella fase in cui i possibili clienti si rendono conto della tua esistenza e si incuriosiscono rispetto a quello che puoi fare per loro.

Invece, sto riscontrando una certa difficoltà nella fase di ingaggio. Quella parte in cui i possibili clienti cominciano a farti delle domande o ad esprimere delle perplessità.

Questo, da una parte, dipende dal tipo di post che i miei clienti sono disposti a realizzare; da un’altra parte mi sembra che la bassa interazione tenda a contraddistinguere la piattaforma chiamata Linkedin.

Per avere una conferma, basta visitare qualche gruppo e tenere conto del n. di interazioni e commenti sotto ai post.

Vi sembra di vedere del fermento intellettuale?

A me sembra che commenti e interazioni siano pochi e molti di essi si riducano ad un pretesto per essere visibili, laddove l’algoritmo ha già pagato in commenti e like.

Come per gli assetati nel deserto, la tendenza è  abbeverarsi, ma nelle oasi della visibilità.

Per quali ragioni?

Puoi scrivere come la vedi tu a riguardo, nei commenti.

2 aneddoti per entrare nel merito

Interazione nella rete vendita

Prima di darti il mio punto di vista voglio raccontarti 2 aneddoti.

Il primo è del 2019, e riguarda dei momenti di formazione all’ interno di una rete vendita.

In alcuni di questi momenti si doveva condividere con gli altri commerciali, le soluzioni usate per risolvere problemi e ottenere risultati.

Si doveva pure condividere le difficoltà in cui si versava.

L’idea era quella dell’aiuto reciproco e della condivisione di buone pratiche.

In altri termini, si trattava del famigerato “dare valore”.

Ebbene erano dei momenti incredibilmente imbarazzanti, perché i membri senior della rete vendita non spiccicavano una parola.

Questo ingenerava un clima di circospezione e diffidenza anche in me, novellino: “di cosa hanno paura, di cui non mi sono ancora accorto”?

Interazione al corso di yoga

Il secondo aneddoto riguarda dei momenti di formazione, cui ho partecipato la settimana scorsa, condotti dallo stesso facilitatore, ma in un contesto molto diverso da quello di una rete vendita: quello di un corso residenziale di yoga.

Dopo alcuni laboratori, ognuno di noi aveva la possibilità di mettere a nudo le proprie fragilità, di fronte al gruppo, in un clima di totale rispetto e assenza di giudizio.

Il livello di condivisione è risultato altissimo.

Mettere a disposizione del gruppo il mio vissuto e le mie fragilità, mi ha permesso di sentirmi accolto e supportato dal gruppo stesso, con il risultato che, dei perfetti sconosciuti, sono diventati proprio quegli amici con cui ho voglia di condividere altro tempo ed altre esperienze insieme.

Dai feedback ricevuti dagli altri, è risultato evidente che ognuno ha provato sentimenti simili. Con il risultato di sentirsi reciprocamente sostenuti, rispetto a un obiettivo comune.

Interazioni su LinkedIn

  • Da cosa dipende questa differenza di risultati?
  • In che modo ci è utile nel fare considerazioni riguardo alla bassa interazione su LinkedIn? (sentiti libro di esprimere il tuo punto di vista nei commenti).

Secondo me, la prima importantissima differenza è il contesto.

Mettere sullo stesso piatto la competizione e la condivisione è come decidere di andare sia a Venezia che a Milano, contemporaneamente.

Non è una scelta congrua, bensì conflittuale, perché non tiene conto che l’essere umano non ha il dono dell’ ubiquità e neanche quello della superposizione quantistica.

In un dato tempo, o vado a Milano o a Venezia.

Bisogna scegliere, rispettando i propri limiti.

Competizione e Condivisione

Armonizzare competizione e condivisione però è possibile, a patto di chiarire in anticipo e in comune accordo diversi contesti.

Ad esempio: lunedi si va a Milano, Mercoledi a Venezia.

In questo modo competizione e condivisione possono essere contesti differenti che dialogano tra loro, in maniera costruttiva.

Infatti in un pranzo qualsiasi, posso raccontarti sia del viaggio a Milano, sia di quello a Venezia.Quella costruttività si infrange nella promiscuità. Perché la promiscuità mina il terreno della fiducia.

Quand’è che competiamo per accelerare il reciproco miglioramento, e quand’ è invece che facciamo buon viso a cattivo gioco?

Se io ti chiedo, “quand’è che facciamo riunione col direttore a Milano” ?

E tu mi rispondi “giovedi “. Ma nel giorno giusto, lunedi, ti rechi dal direttore a Milano, biasimando a gran voce la mia assenza; a me non sembra che il tuo gesto investa sulla fiducia reciproca.

Se poi, al di la delle giustificazioni di circostanza, il disguido si ripete nel tempo, non è naturale che io attivi della circospezione?

Punti di attenzione e domande utili a sperimentare soluzioni

Da questi aneddoti evidenzio dei punti di attenzione:

  • Contesto congruo.
  • Contesto incongruo.
  • Competizione.
  • Condivisione.
  • Fairplay.
  • Gioco sporco.

Detto questo:

Domande chiave

  1.  Quali sono le caratteristiche tipiche della mia presenza su Linkedin?
  2. E quali sono le caratteristiche attuali della mia rete?
  3. Sono riuscito a impostare dei contesti congrui o ci sono delle contraddizioni che posso risolvere attraverso degli spazi dedicati?
  4. Qual’ è il mio atteggiamento generale nei confronti di ciò che non mi piace o non condivido?
  5. Riesco ad esprimere liberamente il mio punto di vista, senza giudicare?
  6. Riesce a farlo anche la maggior parte della mia rete?
  7. Se no, posso aiutarli in qualche modo?
  8. Qual’è il mio atteggiamento nei confronti dei miei competitor?
  9. Ne riconosco il valore o lo nego per paura di perdere nella competizione del “posizionamento”?
  10. In che modo posso agire per migliorare la mia rete?
  11. A quali persone posso chiedere collegamento? Da quali persone è meglio sganciarmi?
  12. Chi è utile bloccare, eventualmente?
  13. Ci sono pagine o gruppi che è utile io crei per dare un contesto congruo su un argomento specifico?
  14. Ci sono dei limiti di piattaforma che è utile accettare come sono, e valutare di compensarli con un’ altro social?

Spero che queste domande vi facciamo vedere delle possibilità di azione interessanti.

E ‘utile ricordare, secondo me, che la comunicazione istituzionale va benissimo. Ma se voglio interagire con le persone, è utile metterci la faccia, raccontarmi, usare una comunicazione più personale.

Le fasi del marketing vanno attraversate tutte. In qualche modo l’interazione va innescata, se occorre, sperimentando interdipendenza tra diverse piattaforme.

A proposito di questo, trovi i miei contenuti anche su Telegram.

Grazie, buone cose e alla prossima.

LinkedIn, interazioni e tag. Funziona tutto?

Sono impegnato nel tentativo di aumentare la qualità delle interazioni digitali, all’interno della rete Linkedin mia e dei miei clienti.

Ultimamente ho sperimentato una tecnica sul profilo di un mio cliente:

ho chiesto a un segmento specifico della sua rete, un consiglio di settore per chi si accinge ad entrare in esso, ed ho taggato un certo numero di persone in target.

Il riscontro in termini di commenti è stato nullo.

Allora ho raccolto questo piccolo fallimento, copiandone il link, ed ho  taggato altri membri della mia rete, in target con l’argomento, che poi era le lavorazioni meccaniche.

Mi sono preoccupato di introdurre il post perchè fosse interessante anche per il mio di settore, il marketing digitale.

Ecco il testo che ho usato:

LinkedIn serve ad interagire con le persone, a comunicare valore. Posso sfruttare la mia presènza on-line, per dare la possibilità ai membri della mia rete di esprimere la loro professionalità.Posso anche ricevere quella possibilità dagli altri.

Se voglio una presenza profittevole su LinkedIn, dovrei valorizzare queste interazioni, dandogli atto.In questo modo posso conoscere e farmi conoscere più in profondità.Sono curioso di sapere cosa ne pensano anche persone del mio stesso settore, che stimo.

A questo punto ho taggato due specialisti di LinkedIn, poi ho scritto:

A seguire dei tag, per chi opera nel campo della meccanica. Il post di Tizio è un’occasione tutta per loro. Grazie.Tralasciando le visualizzazioni, quali sono stati i risultati in termini di interazioni?

Ebbene: il risultato è stato il silenzio più totale.Non solo dal lato dei professionisti della lavorazione meccanica, ma anche lato specialisti di Linkedin.

Rispetto a questo silenzio ho provato delle emozioni che mi hanno spinto a interrogarmi.

  • Alessandro qual’è la ragione del silenzio totale?

Prova ad ammettere per un attimo che il post faccia schifo per qualche ragione, che sia fuori target rispetto al loro business, che il copy sia orribile ecc. ecc.

E fai finta che non possa essere che a questi specialisti sia semplicemente sfuggito il tag.

  • Cosa gli ha impedito, se non di commentare di inviarti un breve messaggio in chat, magari vocale, direttamente dalla messaggeria di LinkedIn, per dirti cosa non va in quel post!
  • Cosa ha impedito  a te di chiederglielo allo stesso modo?

Mi son risposto che non c’èra proprio niente a impedirmelo, e quindi li ho contattati.

  • Allora cosa ha impedito loro di rispondermi?

L’assenza di qualsivoglia notifica! Un problema della piattaforma dunque!

  • Ma allora, se non fosse arrivata nessuna notifica neanche agli addetti della lavorazione meccanica, che senso avrebbe avuto il mio impiego della funzione tag?
  • Che senso avrebbe in futuro, progettare una tattica di pubblicazione, considerando tale funzione strategica, se poi tale funzione… non funziona?

Quindi ho provveduto a segnalare a LinkedIn il disguido in modo che facciano delle verifiche.

Se vuoi sapere come si fa, puoi farmelo sapere nei commenti e saró felice di fare un tutorial a riguardo.

Ringrazio Daniele Manucci e Stefano Pisoni per i loro feedback, che mi hanno dato modo di capire quello che è accaduto.

Se operi nel digitale con LinkedIn come Asset, ti consiglio di starci attento.

Ma, al di la dei disguidi della piattaforma, sono curioso riguardo l’opinione di altri marketers.

  1. Se fossi stato tu ad essere taggato o taggata, e il tag avesse funzionato, avresti risposto?
  2. Se si, come?
  3. Se no, perché?

Ti lascio il link al post di cui parlo, e grazie per il tuo feedback.

Buona giornata, buon lavoro, e buon fine settimana.Il post in oggetto: https://bit.ly/3yHAOUyGuida #LinkedIn gratuita : https://bit.ly/3fSn14TLink per verificare che tutte le impostazioni di notifica di LinkedIn siano impostate in maniera corretta: https://bit.ly/2SwYnyO