Genitori Tossici #006 Iene e Umorismo Reazionario

Riconoscere e superare l’umorismo reazionario

“Bastoni e pietre possono spezzarmi le ossa, ma le parole non possono ferirmi”.

Sciocchezze. Nomignoli offensivi, commenti denigratori e critiche sminuenti, stimolano i bambini a creare un immagine negativa di sé stessi. Ciò può avere conseguenze drammatiche.

Secondo Susan Forward, diverse istituzioni civiche si sono accorte che, dietro quella tradizione, che considera la disciplina dei bambini una questione privata e da gestire in famiglia, si nasconde una diffusa tendenza, all’abuso fisico e sessuale.

Tali istituzioni riconoscono quindi la necessità di nuove procedure, per affrontare questa tendenza.

Ma per il bambino che subisce abuso verbale, neanche le istituzioni più interessate al problema, possono fare qualcosa.

Per questo motivo, la realtà è che quei bimbi devono affrontare quel problema, da soli.

La sindrome di LinkedIn

Questo è un dato molto interessante, soprattutto se lo consideriamo assieme a quella che io chiamo la sindrome di LinkedIn.

Molti professionisti delle scienze umane infatti, comunicano su questi temi con la stessa spocchia “professionale” che dilaga sul social network dedicato al business e al lavoro:

  • sminuiscono il dibattito, quando è alimentato da persone non esperte,
  • denigrano i neofiti,
  • dileggiano i non specializzati.

Parteciparvi col proprio contributo qualificato sarebbe un atteggiamento molto più costruttivo e meno snob. Certo, a quel punto declamare la propria competenza sfoggiando i propri titoli non è sufficiente, perché bisogna saper entrare nel merito, e anche farlo in modo tale, che il messaggio arrivi alla mente dei destinatari.

Molti professionisti delle scienze umane che comunicano sui social, sembrano dimenticarsi che, in un mondo dove l’1% della popolazione globale detiene il 45% della ricchezza, la stragrande maggioranza di chi ha più bisogno di aiuto, non può pagare 150€ a seduta per ottenerlo. E quindi si deve arrangiare a capirci qualcosa, con quello che ha:

  • La condivisione,
  • lo scambio di opinioni ed informazioni,
  • il dibattito.

Quest’ultimo nel tempo può diventare anche molto informato, anche se non specialistico. E questo quando le cose vanno bene, perché ci sono persone talmente bisognose d’aiuto, che non si possono permettere nemmeno questo.

Credo sia importante rimarcarlo con qualche dato aggiuntivo:

  • Come ho già detto l’1% della popolazione detiene oggi il 45,6% della ricchezza globale.
  • La metà della popolazione mondiale, quella che è più povera, si spartisce lo 0,75% della ricchezza globale. Sto dicendo che mezzo mondo sopravvive con poco più di niente.
  • 81 persone ricchissime, detengono più ricchezza di metà della popolazione mondiale.
  • E i patrimoni di appena 10 miliardari, superano l’ammontare di ricchezza di 200 milioni di donne africane messe insieme.

Dati Oxfam 2023

Ma cosa c’entrano questi dati con i temi degli abusi verbali e indiretti?

A parte che la negazione alla dignità io la reputo un evidente abuso, rispondo con una domanda: 

non è che in occidente, siamo tutti portatori “sani” della mentalità responsabile, di questa fucina di dolore, in esponenziale recrudescenza?

Una mentalità che a mio avviso si esprime anche attraverso la sindrome di LinkedIne che stimola, proprio a livello di modelli di business, l’istituzionalizzazione di abusi verbali e indiretti.

Come nelle famiglie di alcolizzati di cui abbiamo parlato nello scorso video, siccome il dinosauro che abbiamo in casa è troppo pericoloso da affrontare, facciamo fintache sia un elemento sano e perfettamente normale della nostra famiglia. Ma non è affatto così.

E’ un elemento tossico. E per rimuovere questa realtà dalla nostra coscienza, dobbiamo travisare le nostre stesse emozioni e percezioni. Confondendoci!

Non a caso il vero tabù, oggi come oggi, è la redistribuzione della ricchezza. Che è come parlare della riduzione della sofferenza umana.

Da questa prospettiva si può facilmente dedurre che l’economia abbia anche un valore spirituale.

Perché il superamento della sofferenza ha a che fare con lo sviluppo, sia di una persona che di una collettività.

Dopo questa digressione atta a descrivere meglio il nostro contesto di culturale globale, torniamo al tema più specifico dell’abuso verbale.

Tutti i genitori scivolano occasionalmente con delle parole dispregiative nei confronti dei loro figli.

Ciò diventa un problema, nel momento in cui gli attacchi verbali all’aspetto, all’intelligenza alla competenza e al valore del bambino come essere umano, diventano frequenti, o ancor peggio sistematici.

E magari sistematici come certe forme di Malthusianesimo ritornate di moda proprio presso quell’ 1% della popolazione che detiene il 45,6% della ricchezza.

Nell’ambito dell’abuso verbale da parte dei genitori, esistono due grandi macro categorie:

  • L’abusatore diretto, che degrada platealmente e ferocemente i propri figli. Li appella come stupidi, inutili, brutti; dice che vorrebbe non fossero mai nati, ignorando i loro sentimenti e disinteressandosi degli effetti a lungo termine, di questo assalto all’immagine, che hanno di sé stessi.
  • L’abusatore indiretto, che preferisce raffiche di prese in giro, sarcasmo, soprannomi offensivi e critiche subdole. Un bulletto che spesso nasconde l’abuso dietro la facciata dell’umorismo, facendo battute del tipo “Guarda che bella giacca… per un clown” o “il giorno in cui hanno distribuito l’intelligenza, mi sa che tu eri assente”.

Ecco, se il bambino, o qualsiasi altro membro della famiglia, si lamenta, l’aggressore lo accusa puntualmente di mancanza di senso dell’umorismo. Si difende con frasi tipo: “Guarda che lui lo sa che sto solo scherzando”; affermando così un contesto in cui la vittima stessa è complice dell’abuso che subisce.

Quest’ultimo è un aspetto che ti chiedo di tenere bene a mente nel corso di questo ragionamento.

L’affermazione di un contesto in cui la vittima è complice dell’abuso che subisce

La storia di abuso che sto per raccontarti non è stata perpetrata da un genitore nei confronti di un figlio, ma la ritengo comunque attinente, perché se ne possono individuare gli stessi rapporti di forza.

L’abuso, secondo me, è stato perpetrato da Le Iene, nota trasmissione televisiva italiana, ai danni di due categorie: i nomadi digitali da un lato e i comici dall’altro.

Si, sto dicendo che per me Eleàzaro Rossi, il comico che ha fatto quel monologo mordace il 7 febbraio 2022, è parte lesa tanto quanto le coppiette di nomadi digitali.

Quelle che erano state invitate nel servizio e si sono poi trovate oggetto della sua satira sociale.

E per capire meglio quello di cui parlo, ti invito a immaginare le parti lese come fratelli di genitori separati: 

  • da un lato le coppiette di nomadi digitali, figlie dei social network,
  • e dall’altro Eleazaro Rossi, figlio di un format televisivo.

Le Iene e il mondo dei social sono i genitori separati, sposati sull’altare dell’intrattenimento. E assumono questo ruolo per un motivo molto semplice:

il sostentamento dei figli, dipende da loro. E’ da loro che colano giù i compensi e le sponsorizzazioni.

Allora immaginate papà format che chiama il piccolino e gli dice:

“Eleazaro, ho invitato i tuoi fratellini e sorelline qui, per oggi pomeriggio. Se tu me li perculi a buco, e dici che è una tua iniziativa, ti compro la Peg Perego con la batteria truccata”.

Ma voi ditemi perché, nel mondo vero, un monello come Eleazaro dovrebbe dire di no al suo “papà”, quando la proposta è così ghiotta:

  • Trollata libera e profitto,
  • approvazione dell’autorità.
  • Rock’n Roll!

Ecco il link al pezzo di Eleazaro, che ti consiglio.

Ma papà format non si è limitato a questo. Ha invitato anche tutti i compagni di classe dei suoi figli ad assistere alla scena e, dopo la performance di Eleazaro, le classi si sono divise.

C’è chi si è schierato a sostegno di Eleazaro, visto come un simpatico monello, e chi coi suoi fratelli ospitati, che hanno subitoun abuso e la beffa di esserne stati persino complici.

Possibile che nessuno noti quanto sia umiliante il modo in cui quel babbo esercita il suo potere su tutti i bimbi che lo circondano, e in primo luogo su suo figlio: ridotto a pupazzo del suo machiavellismo sociale?

E questo perché nessuno è allenato a fare una analisi di contesto?

Nel mondo che mi piace:

  • la comicità ha la libertà di dire quello che le pare e come le pare, senza censura;
  • chi si ritrova oggetto di satira è libero di esprimere i propri sentimenti a riguardo ed è bene trovi qualcuno ad ascoltarlo;
  • nei fortunati casi in cui ne deriva un dibattito pubblico, la capacità intellettuale delle persone è ben capace d’individuare l’esercizio reazionario dell’umorismo, per rivolgersi alle questioni di senso.

Il mondo però è quello che è, e soprattutto, non è come mi piacerebbe che fosse.

A mio modo di vedere, in questo caso, più che di un esercizio reazionario dell’umorismo, si può ben parlare di uso reazionario dell’umorista.

Per capire cosa intendo è utile recuperare un certo aplomb e prestare attenzione a tutto il contesto in cui la vicenda si svolge.

Perché, come ogni bravo comico sa, il contesto è tutto.

Se ci fosse comprensione del valore del contesto, nessuna manipolazione potrebbe durare a lungo. E se esiste una buona palestra mentale per lo sviluppo di questo “muscolo”, quella è proprio il pensiero comico.

C’è un’autore statunitense che, nel suo libro Stand-Up Comedy, Step By Step, descrive benissimo il pensiero comico, attraverso una griglia di domande atta a generare battute.

Questa griglia ha il suo focus su un argomento a scelta e la lista di associazioni mentali legate ad aspetti di quel dato argomento, che ci infastidiscono.

Per semplificare:

  1. Argomento
  2. Fastidi
  3. Idee associate ai fastidi
  4. Elaborazione

Ma vediamola più nel dettaglio attraverso una tabella di domande guida.

Fastidi

Associazioni

Premessa della battuta

Premessa dell’ impostazione

Connettore?

Reinterpretazione

Seconda storia

Battuta

Cosa t’infastidisce in relazione all’argomento?

A cosa ti viene naturale pensare in relazione a questo?

Quali opinioni negative hai rispetto a questo?

Qual è l’opinione opposta?

qual è l’elemento che te lo fa pensare?

Quali altre interpretazioni possibili ci sono per questo elemento?

Quale situazione specifica può spiegare la tua reinterpretazione?

In aggiunta all’impostazione, qual è l’informazione che rivela la seconda storia?

Sulla base di questa griglia diventa molto più facile fare l’ingegneria inversa del pezzo comico di Eleazaro.

Ingegneria inversa del pezzo di Eleazaro sui nomadi digitali:

  1. Cosa t’infastidisce dei nomadi digitali? Che sembra tutto bello. Che nascondono il fatto di essere supportati economicamente da persone abbienti.
  2. A cosa pensi in relazione a questo? Che siano figli di papà, e che siano molto più litigiosi fuori dalle telecamere.
  3. Quali opinioni negative hai rispetto a questo? Penso che siano dei bugiardi patologici circa la sostenibilità della loro scelta di vita.
  4. Qual è l’opinione opposta a questa? Che siano dei moderni San Francesco.
  5. Qual è l’elemento che te lo fa pensare? La millantata comodità del wc girevole in camper e l’ostentata bellezza di una vita di coppia, vissuta a lungo in uno spazio angusto.
  6. Quali altre interpretazioni possibili ci sono per questi connettori? Mentono, per nascondere uno stile di vita che è parassita di quello tradizionale.
  7. Quale situazione specifica può spiegare la tua reinterpretazione? L’evidente scomodità di un water girevole, la conclamata realtà statistica della diffusione della violenza domestica, lo sfruttamento degli operai che occorrono per realizzare gli oggetti di cui si servono per fare la vita che fanno.
  8. In aggiunta all’impostazione, qual è l’informazione che rivela la seconda storia? Piuttosto che accettarli come moderni San Francesco brevetto uno scivolo che… non vi spoilero la battuta, andatevi a guardare il pezzo. Il water girevole è comodo solo se hai due micro machines al posto dei testicoli. E il camper è comodo solo se non devi scappare da un partner che alza le mani.

Ne avrà scritte a bizzeffe di questi ribaltamenti, con questo metodo o con altri, la maggior parte li avrà scartati e scelto quelli d’immediato impatto emotivo.

Impatto emotivo che c’è stato, quindi Eleazaro il suo lavoro l’ha fatto bene, secondo me.

L’umorismo salva vita

Per quanto riguarda la griglia di domande, io la trovo anche un ottimo modo di elaborare i traumi. Una griglia che può tornare utile a tutti quelli che in qualche modo si devono arrangiare di fronte alle difficoltà, e possono quindi elaborarle ricavandone un sorriso.

La consiglio a tutti i nomadi digitali che trovano ci sia qualcosa di sbagliato nel pezzo di Eleazaro e a tutti i figli che si trovano a subire abusi mascherati da umorismo.

In fin dei conti uno degli obiettivi più nobili dell’umorismo è quello di appianare gli squilibri di potere. Per questo il suo utilizzo per accentuarli è gesto piuttosto bieco e subdolo.

Però state attenti a fare i simpatici sui social, perché non si gioca ad armi pari contro la televisione italiana.

Se siete un poco figli di YouTube, dovete ricordarvi che su certe cose somiglia a un genitore severo.

Se ambite, o volete conservare la monetizzazione dei vostri video, le parolacce e gli insulti non sono ammessi. “Il-tuo-tubo” in verità è di proprietà di altri, e se non stai alle sue regole, ti tocca pagarne le conseguenze.

Ma almeno il quadro della relazione con la piattaforma è ben chiaro sin dall’inizio, e se hai intenzione di dire tutto quello che ti pare in un social, allora puoi guardare a qualche alternativa in questo contenuto.

Chiarire il contesto della relazione asimmetrica

Tu puoi non essere d’accordo con le regole di YouTube, ma se vuoi starci dentro ti tocca di rispettarle, e questa è una cosa che accetto.

Le alternative ci sono, possono coesistere, quindi è una questione di scelta individuale.

Quello che mi chiedo è:

  • il modo in cui il format “Le Iene” tratta le persone su cui fa dei servizi, è rispettoso?
  • Li avevano avvisati, questi influencer nomadi, che avrebbero potuto essere massacrati, da un comico?
  • Li avevano preparati a una possibile micidiale denigrazione del loro stile di vita, del loro brand?

Non lo so. Però capisco che deve essere stato frustrante, lato nomadi digitali, ricevere da un lato una sorta di love bombing verso il proprio stile di vita, ricevendo addirittura l’interessamento della televisione italiana, e un minuto dopo il massacro su commissione.

Beninteso, il format “Le Iene” non è genitore di nessuna di queste persone, e quindi non è tenuto a un atteggiamento tutelante, soprattutto considerando come si chiama. Ma se lo fosse, secondo me, sarebbe un genitore tossico.

DI certo è un soggetto che offre una delle occasioni più sane in cui esercitare il proprio pensiero comico.

Se trovi io sia riuscito a stimolare qualche ragionamento, a muovere qualche buona idea, puoi condividerlo nei commenti. Io ne sarò gratificato e mi darà slancio per la creazione di altri contenuti.

Buone cose e alla prossima!Gagliardo eh!

Verità supposte e senso dell’umorismo

Verità supposte VS umorismo

Presentazione del video e delle novità di quest’anno

Ciao, io sono Ale e questo è ​Il Valore RelazionaleE’ il mio sito internet.Dopo una luuunga pausa estiva riparto con i contenuti.E con l’occasione faccio storytelling.Parlo di un personaggio inventato.Walter, il mio Walter Ego.

Prima però ti informo di alcune novità di quest’anno:

Una è Rollo, il mio camper – che in alcuni periodo dell’anno condivido, e che anche tu puoi prendere in affitto.Ecco il link.La seconda è Patreon, con il quale puoi aiutarmi a rendere sempre più sostenibile la creazione di contenuti.Ma parlavamo di Walter.

Una sensazione misteriosa

Walter si stava predisponendo a una giornata di lavoro.

Di solito, passava qualche minuto a prepararsi mentalmente per i compiti che lo aspettavano.

Si vestiva, metteva a bollire del caffè, scriveva qualche piccola nota sul cellulare e poi partiva.

Ma quel giorno è stato diverso.Invece di prepararsi, si era ritrovato a letto, senza pensare a niente.

Perché? Aveva forse sonno?No. Le energie che gli servivano per portare a termine le sue attività se le sentiva dentro.

Ma c’era anche altro.Che cosa stava accadendo allora? Aveva forse dimenticato qualcosa?

No, era sicuro di non averlo fatto.Cosa stava succedendo?

Nuovi pensieri si fanno strada

Si rendeva conto di essere distratto da qualcosa.

Era controllato da pensieri appartenenti a una classe particolare.Pensieri… come dire… proletari.

Pensieri provenienti dai sobborghi frustrati e repressi di certe sue emozioni e sensazioni.

Percepiva la presenza di questi punti di vista dentro di sé.Percepiva la presenza di questi assunti molto diversi da quelli di cui era normalmente cosciente.

Percepiva la presenza di punti di vista che riguardavano le cose e le persone della sua quotidianità.Si stavano facendo strada!E mettevano in discussione la sua routine, il suo status, il suo comfort.

Ribaltamenti senza nome

La sensazione non era così ben definibile a parole li per li, ma aveva un suo tratto di consistenza, una sua tangibilità.

Sentiva bene che esisteva e desiderava darle tempo, darle spazio, subito.

Voleva ascoltarla. Voleva diventarne pienamente cosciente. Cogliere maggiori dettagli.

Lui era convinto che il suo comportamento funzionasse sulla base di ciò che credeva essere vero.

Gli assunti a ruolo

Che il suo meccanismo di scelta si basasse sulle sue convinzioni, sui suoi assunti.

Riteneva che il proprio agire dipendesse da ciò che assumeva come verità.Guardava quindi con simpatia a quel proverbio che dice che la verità… è la madre degli imbecilli.

Per questo Walter credeva che a volte, dietro al dubbio riguardo ai propri assunti, si nascondono delle vere e proprie rivelazioni.

Delle vere e proprie rivoluzioni personali.

Lui non voleva essere il tipo di persona che reprime i dubbi per ostentare sicurezza e autorità.

Desiderava evitare di trasformarsi in una persona supponente e spocchiosa.

Perciò coltivava un certo senso dell’umorismo.

Il senso dell’umorismo e la sindrome da ipercontrollo

Pensava l’umorismo fosse una’alternativa meno ridicola, della ricerca di conferme e dell’invenzione di capri espiatori.

Eppure, alcune persone, lo avevano messo in guardia da questo suo atteggiamento.

Sostenendo che seppure svolgesse funzioni positive, esso avesse una componente di superficialità.

Lui si chiedeva di quale superficialità parlavano davvero, se della sua, se di quella intrinseca all’umorismo, o della loro. Magari inconsciamente.

Qual era la vera posta in gioco secondo loro?

Un rischio che effettivamente Walter correva o il loro personalissimo bisogno di attenuare una paura personale, agendo sugli Altri.

Quali idee assumevano per sentirsi legittimati a dargli addirittura un avvertimento di questo tipo?

“Stai attento a te stesso! Non ti fidare”!

Avevano paura per lui… o di lui?Stavano cercando di disinnescare qualcosa, o qualcuno?

Walter usava il senso dell’umorismo per prendere in giro anche alcune parti di sé.

Quelle che costruivano racconti eccessivamente drammatici intorno ai suoi stessi disagi.

Era un modo per togliere loro rilevanza, lasciando spazio alla salute mentale ella leggerezza!

Non superficialità, leggerezza. Non è mica la stessa cosa!

Certo, questo lo rendeva una persona piuttosto scorrevole nel mettere in discussione tutto ciò che assumeva pose eccessivamente solenni e drammatiche.

Pose che dovrebbero legittimare le persone a essere vittime di dilemmi insolubili, in attesa che qualcuno li risolva al posto loro.

E lo rendeva ancora più fluido nel considerare con lunghiiiissime pinze, chi pronunciava spiegazioni intorno ai disagi degli altri.

Se poi qualcuno si azzardava a pontificare sui disagi personali di Walter, allora lui lo dissacrava platealmente. A fuoco. A buco.

Trovava qualcosa di nobile nel ridimensionare le verità supposte, sfanculandole.

Questo perché i loro diffusori gli davano l’impressione di essere consapevoli, sotto sotto, di essere abusivi.

Facevano finta 2 volte: finta di avere realmente una verità, e finta di non sapere di fingere.

Ed è per questo che lui trovava interessante, dove possibile, andare a stuzzicare con garbo quella loro coda di paglia.

Quel loro avere costante bisogno di convincere gli altri:

  • a concedergli di stare esattamente lì dove a loro fa comodo porsi;
  • ad assumere la posa più agevole a farsi penetrare il decidere.

Chi prende le mosse da falsi assunti ha modi strutturati per mascherare queste richieste novantagradiste.

Non te lo dicono apertamente:

“Lasciami stare qui, fra le tue chiappe, a condizionare il modo in cui cammini”.

C’è sempre qualche addobbo, o il permesso gli verrebbe negato.

Verità supposte: che fare?

Quindi le cose giuste da fare con gli assunti sbagliati e con chi li usa come supposte da rifilare al prossimo, secondo Walter sono sempre le stesse:

  • Prenderne coscienza
  • e liberarsene,
  • per ricominciare a camminare con disinvoltura.

Anche perché, ogni “verità supposta” ogni falso assunto relativo a un qualsiasi disagio, non è esso stesso un disagio?

E se proprio non si può fare a meno di assumerlo, questo disagio, non è meglio riderne al più presto?

Svelato l’arcano

Ecco perché Walter se ne era rimasto a letto.

Per rifiutarsi di passare un’altra giornata a camminare con una verità supposta, con un disagio fra le chiappe.

E senza neanche poterne ridere!

Se anche tu vuoi camminare nella vita con maggiore disinvoltura.

Se anche a te Walter pare un tipo simpatico.E se anche a te piace mettere in discussione quello che credi di sapere, fammelo sapere nei commenti, metti un bel like, iscriviti al canale e poi soprattutto…ridici sopra!

Grazie 🙂

Gagliardo eh!