Comunicazione Empatica e Risoluzione Creativa dei Conflitti

Comunicazione Empatica

Ciao sono Alessandro e ti do il benvenuto a Il Valore Relazionale.Se i miei video ti piacciono, iscrizioni, campanelle e commenti sensati sono cose che mi aiutano.

La Sfida del Facilitatore

Ma entriamo subito nel vivo con un racconto.

Sono il facilitatore in una trattativa on-line e il mio compito è quello di incrementare il livello di fiducia tra le parti che sono così composte:

  • Due aziende che schierano cadauna un responsabile amministrativo e un tecnico-commerciale, da un lato.
  • Dall’altro lato il già cliente di una delle due aziende, in odore di essere ri-contrattualizzato per una estensione sui lavori precedenti.

Se la trattativa andrà a buon fine, le due aziende costituiranno un’associazione temporanea d’impresa, per fornire al cliente del valore che non potrebbero fornire singolarmente.

Il lavoro di squadra da i suoi frutti, quindi il cliente chiede di procedere alla formalizzazione dell’offerta commerciale. Ci saluta e si scollega.

Rimango collegato con i 4 esponenti delle due aziende per chiarire alcuni passaggi.

Il Segno Premonitore

È qui che l’amministrativo dell’azienda che ha la “paternità” sul cliente finale, chiede a quello della controparte di fornirgli la bozza del contratto. Ma non subito, che è la prima settimana di Agosto e lui ha bisogno di staccare.

lo chiedo: “non sarebbe meglio ricevere subito la bozza di contratto, così nel mentre che tu stacchi, la prende in considerazione qualcun altro”?

Mi risponde di no, che è Agosto per tutti e che è meglio così. Imperativo categorico!

Io penso “sticazzi”, dal mio punto di vista non è meglio neanche per te, ma forse è proprio questo il segnale che hai davvero bisogno di staccare.

Arriva settembre, io e i tecnici commerciali lavoriamo in sinergia e otteniamo ulteriore fiducia dal cliente.

Un bel giorno quest’ultimo ci dice “sì, portatemi il contratto che lo firmo e si comincia!

Lo svelarsi del difficilitatore

E quando con gioia, chiamiamo l’amministrativo che tiene il cliente in “pancia” per dargli la notizia, lui ci dice “Quale contratto! Sono 2 mesi che l’aspetto”!

“Scusami carissimo”, dico io, “aiutami a capire. Cosa intendi dire, di preciso, quando mi dici che sono due mesi che aspetti il contratto”?

“Eh intendo dire che l’altra azienda ha talmente tanta considerazione di noi che non me l’hanno mai inviato! Mi sento offeso per questo”.

“Ah ti senti offeso! Mi dispiace!” Dico io” ma allora li avrai sollecitati! E a me è sfuggito un pezzo della storia forse. Mi aggiorni”?

“No no, non è successo niente, è proprio questo il problema. Ma perché mai avrei dovuto sollecitarli se avevamo già preso un accordo! È una questione di rispetto”!

La Riformulazione della Questione di Rispetto

“Guarda caro, sul fatto che sia una questione di rispetto sono pienamente d’accordo. Per questo ho bisogno che mi aiuti a verificare se ho capito bene.

E quindi azzardo una riformulazione

Mi stai dicendo che tu, pienamente conscio del buon procedere della trattativa, perché ci partecipa anche un tuo commerciale, e per ben 2 mesi filati, hai evitato qualsiasi follow-up su un documento, che tu stesso avevi bisogno di revisionare, perché utile a ricontrattualizzare un tuo cliente?

Dall’altra parte 5 secondi di silenzio e poi… esce il genio:

“Che cazzo è un follow-up”!

La Tentazione del Giudizio di Valore

E io mi immagino parte di voi in ascolto a pensare “Che razza di incompetente questo amministrativo!” E vi capisco perfettamente perché dentro la mia testa volavano definizioni ed esortazioni molto più forbite.

Però immagino anche un’altra parte di voi, quella con un po’ più di esperienza sul campo, ad annuire con la testa, fra il paziente e il rassegnato.

Perché nel mondo reale, quello che per lo più è tenuto fuori dai profili LinkedIn, accade questo ed altro con le persone. Accade questo ed altro coi professionisti!

E quindi il buon esito di un lavoro ligio ed accurato, svolto a più mani, è messo a repentaglio dall’attivarsi improvviso di un bamboccione mai cresciuto, nascosto dentro a un singolo professionista.

Succede più spesso di quanto siamo disposti ad ammettere!

Trucchetto per Evitare Scivoloni

Infatti un mio amico che fa formazione in ambito aziendale mi ha detto una cosa domenica scorsa:

“non lasciarti ingannare dall’aspetto, dalle responsabilità o dalla posizione sociale di una persona … sotto sotto, siamo tutti bambini”.

Ed è una cosa molto utile da ricordare, perché se te la dimentichi, e cominci a pretendere che le persone si comportino in maniera congrua all’immagine che danno di sé stessi, congrua alle tue aspettative, rischi di esprimere dei giudizi.

E siccome i giudizi sono i killer della relazione empatica e la relazione empatica è fondamentale per risolvere i conflitti, sarebbe bene evitare di esprimere giudizi.

Quindi astenersi dell’ esprimere giudizi è il primo passo per resistere al vortice delle recriminazioni, delle accuse, della competizione fra torto e ragione.

Insomma astenersi dai giudizi è fondamentale per evitare di mandare tutto in vacca, quando si presentano dei conflitti.

Il Ruolo Cruciale Delle Emozioni

È semplice ma non è facile. Perché per avere successo nella comunicazione empatica, non possiamo reprimere le nostre stesse emozioni.

Non possiamo reprimere la rabbia. Dobbiamo metterla in gioco in modo costruttivo.

Per fare questo servono delle competenze che vanno allenate.

Per esempio

“Senti. Mi aiuti a capire in che modo, dal tuo punto di vista, questa tua astensione dal fare solleciti, dal chiamare, dallo scrivere mail, dal comunicarci come stavi vivendo questa “mancata ricezione”…

…Ecco com’è che questo tuo strategico “non-fare” sta contribuendo a restituire valore e quindi rispetto al cliente e al lavoro dei vari commerciali coinvolti… compreso il tuo”?

“Ma… È che io, da un’azienda così strutturata mi aspetto una puntualità più rigorosa”!

Benissimo! Hai chiesto gentilmente a quell’ azienda se è disposta a soddisfare questa tua aspettativa?

“No che non gliel’ho chiesto perché mi sembra una cosa ovvia!, Che domande sono”!

“Cosa significa ovvia, che ti sarebbe dovuta? E se loro non la vedessero come te, preferiresti trovare un punto d’incontro o preferisci rinunciare a un contratto che praticamente è già chiuso!

Guarda, ai miei occhi questa cosa somiglia a quella squadra di calcio che sta vincendo 7 a 0, ma rischia di annullare la partita linciando l’arbitro che non ha fischiato un fallo di mano.

È una visione che mi procura della rabbia e della frustrazione.

E quindi ti chiedo di perdonami l’impeto e di ascoltarmi fino a quando avrò finito!

Io ho bisogno che la squadra di lavoro di cui anche tu fai parte, riduca la sua reattività in favore della sua proattività, in modo che tutti guadagnino più soldi, e più serenità.

In funzione di questo, ti chiedo di astenerti da ogni forma di recriminazione verso chiunque e di focalizzarti sul segnalare ogni potenziale ritardo critico, che possa interferire con la scorrevole contrattualizzazione dei clienti.

Laddove segnalare è ben diverso da incolpare !

Si capisce cosa ho chiesto?

Si.

Benissimo. Ho anche bisogno che mi aiuti a elaborare il contratto a tempo record, per cui ti chiedo di fare tutto quello che puoi, per fare in modo di avere in mano un contratto sottoscrivibile dalle parti entro lunedi prossimo.

Con particolare cura a chiedere tempestivamente aiuto per qualsiasi fase del processo tu abbia anche un vago sentore che rischi di sforare la data prestabilita.

Sei disposto a farlo?

Si va bene!

Ti ringrazio per questo!

C’è qualche punto delle mie richieste che desideri ti spieghi meglio?

No è tutto chiaro!

Posso fare io qualcosa per aiutare il tuo lavoro?

Esempio e mancanza di esempio

E così sia la relazione costruttiva che il contratto restano in gioco. Senza contare che ho espresso una modalità relazionale che può servirgli da esempio.

Perché è l’esempio che manca. Significa che i modelli trasmessi dalla famiglia di appartenenza prima, e quelli della scuola poi, non hanno contribuito adeguatamente a far propria una modalità relazionale pulita.

Ed ecco che questa tossicità relazionale si riflette anche nei rapporti lavorativi ed economici.

Ed è quindi plausibile che finisca per condizionare tutta la società.

La Soluzione di Base

Ma la soluzione è semplice e si chiam asoluzione creativa dei conflitti.

Basta rispondere a 4 domande:

Cosa osservi fenomenologicamente?

La parola “fenomenologicamente” ti ricorda che serve un dato oggettivo per evitare un giudizio.

Come ti senti a riguardo, che emozioni provi?

Quindi di cosa hai bisogno?

Allora cosa chiedi di specifico?

Ad esempio:

“pronto signor Tizio. Buongiorno sono Caio. Senta, son tornato dalle ferie e sto controllando la mail. Noto che non è ancora arrivata la bozza del contratto.

Osservazione fenomenologica.

Mi sento un pò in ansia riguardo alle fasi di negoziazione delle clausole e avrei bisogno di mettermi al lavoro al più presto su questo tema.

Sensazioni, emozioni e bisogni.

Riuscirebbe a mandarmele in mattinata per cortesia?

Richiesta specifica.

È uno schema col quale si diventa sempre più bravi, mano a mano che ci si esercita.

E viene voglia di esercitarsi, perché da risultati.

Perché non provi anche tu e poi mi fai sapere come ti trovi ?

Grazie per la tua attenzione!

Neuromarketing #1– Davvero?

Introduzione

Benvenuto sul canale, IL VALORE RELAZIONALE.Io sono Alessandro e oggi parleremo di neuromarketing e segmentazione.

Neuromarketing e  Segmentazione

Una strana richiesta

La settimana scorsa mi contatta un membro della mia rete su Linkedin. È un competitor per il quale nutro una certa stima.Mi invia un link a un post e mi chiede un parere. Ne sono onorato.La tesi del post è che” il neuromarketing è tutto tranne che manipolazione”.Un titolo che somiglia a un militare tedesco a inizio anni 50, in visita a una sinagoga:”Molto piacere. Mi chiamo Hans. Sono tedesco.Faccio il militare da 15 anni e non sono nazista!Nein, nein, nein, nein”!

Un articolo dozzinale

Ti riassumo l’articolo per essere più chiaro!”Il neuromarketing è ricerca, conoscenza e cosa buona e giusta.Se anche tu, come la grande azienda A o l’istituzione famosa B, ti rivolgi a un’ agenzia C, capace di applicare il neuromarketing alle tue campagne, ottieni più risultati, e cambiamenti positivi nella società.Una certa fetta della società sarà quindi più propensa ad identificarsi nei valori del tuo brand.E questa non è manipolazione. Nein! nein! nein! nein!Si capisce meglio cosa intendo?Dire una cosa è un conto, comunicarla è un altro!Ci fosse stato un caso studio almeno!

Il didascalismo moralista di un copy scadente.

Parafrasando Robert Mckee:

Quando la tua premessa è un’idea che senti di dover dimostrare al mondo e progetti la storia come se dovesse essere la irrefutabile certificazione di quell’idea, stai già rischiando di diventare didascalico.Perché nel tuo zelo di persuadere, soffocherai la voce dell’Altra Parte.Abusando dell’arte per predicare quindi il tuo copy diventerà una tesi, un sermone vagamente mascherato, in cui tenti di convertire il mondo.Questo nasce dall’entusiasmo ingenuo di credere che la narrazione possa essere usata come un bisturi, per asportare i mali della società.

Nel mio lavoro anche io mi occupo di marketing e non ho nessun problema ad affermare che tutto il marketing è manipolazione.E che cos’è che tutto il marketing manipola?Ma la propensione all’acquisto dei possibili clienti. Può farlo direttamente o indirettamente, ma lo fa!O c’è qualcuno che sgancerebbe fior di quattrini per una campagna che non serve a nulla?Quando agisci su una cosa per modificarla da com’è, la manipoli. Punto.Senza dare accezioni né positive né negative al termine manipolazione.Però è vero anche che io scelgo il come, scelgo lo stile con cui favorire questo cambiamento.Posso scegliere di farlo senza che il potenziale cliente lo sappia!Oppure posso coinvolgerlo e chiedergli il permesso!

“Ah, dici che il marketing è manipolazione! Beh in un certo senso è vero!Possiamo avere uno scambio sincero a riguardo! M’interessa il tuo punto di vista!Cosè che ti fa dire cosi del marketing”?

Se faccio così potrei avere la fortuna di una critica motivata, quindi preziosa, come quella fatta da MoreThanTech nel video qui sotto:

È quello che ti può accadere quando evolvi la tua comunicazione a una forma di relazione e perciò la costruisci rinunciando a monte, al vizio di forzare le idee dell’Altro.

Comunicare per relazionarsi – Non comunicazione fine a sé stessa

La relazione con il tuo cliente diventa il luogo in cui le idee di entrambi trovano spazio, evolvono.Non perché una uccide l’altra, ma perché l’una nutre l’altra.Le convinzioni rigide del cliente non nascono necessariamente da un’ignoranza da colmare con la didattica.Nascono dalla consapevolezza che le buone intenzioni di Einstein non hanno impedito gli sganci delle atomiche su Hiroshima e Nagasaki.E lui era Einstein.Nascono dal fatto che le belle parole di Zuckerberg non hanno riparato i danni di Cambridge Analytica!Qualcuno capace di sostenere che li il Neuromarketing non c’entrava?Nascono dal fatto che ogni giorno registriamo una mole schiacciante di cambiamenti legati alle tecnologie di profilazione che rendono il problema del potere della manipolazione sociale, molto sentito! Soprattutto se è esercitato in funzione degli inserzionisti!Talmente sentito che NETFLIX ha inserito un documentario apposito nel suo palinsesto: “THE SOCIAL DILEMMA”.E se lo ha fatto NETFLIX dovrebbe essere chiaro che, negare l’esistenza della manipolazione, intrinsecamente al marketing, non ha senso neanche dal punto di vista del marketing stesso.Mi sembra lapalissiano, ma se proprio uno vuole negare…allora: nein, nein, nein, nein!

Riassumendo quindi, dal mio punto di vista:

il marketing è manipolazione della propensione all’acquisto, e negarlo è controproducente!E perché è controproducente?Perché la negazione conduce a falsi assunti sulla realtà!E se io interpreto i dati raccolti attraverso dei falsi assunti, realizzo una segmentazione della clientela totalmente inadeguata.Le etichette e i tag non corrisponderanno davvero alle caratteristiche del cliente.La conseguenza di ciò sarà l’invio di comunicazioni sbagliate al cliente sbagliato, al momento sbagliato.È il brand depositioning.

Per esempio. Quando ho spiegato a questo mio competitor che, dal momento che non avevo trovato interessante quel post, non pensavo di essere il target giusto per quel contenuto, lui ne ha ricavato che io sarei una persona contraria alla dipendenza da agenzie e sempre favorevole all’autonomia.E si è premurato di rassicurarmi circa il fatto che hanno in calendario contenuti utili anche per persone come me.

Come me!

<p “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Peccato che io non ho proprio niente in contrario all’affidarsi a un’agenzia o a un professionista!Sono io stesso un professionista del settore!Mi ha categorizzato attraverso un falso assunto! E mi arriveranno ancora comunicazioni per me noiose ed inutili!

    <li “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Ma allora… Perché non me lo ha chiesto? <li “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Perché non ha verificato se aveva capito bene, prima di porsi nei mie confronti come se davvero io corrispondessi al tag che lui mi ha assegnato? <li “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>È così che funziona la sua segmentazione? <li “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>È così che il suo neuromarketing dovrebbe condurre a risultati rilevanti? <li “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Ma secondo te che mi stai ascoltando, perché i bravi venditori e negoziatori si prendono la briga di riformulare, a parole proprie, quello che i clienti dicono?

<p “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Ad esempio: <blockquote “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>

“Mi sembra di capire che preferisci l’autonomia alla delega all’agenzia. È corretto”?

<p “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Lo fanno perché, se io, possibile cliente, ho la sensazione che il professionista mi abbia inserito in una categoria merceologica in cui non mi riconosco, mi viene naturale sospettare che parli di neuromarketing solo perché è una parola che sto mese è su Google Trend!E se è vero che, come dice, sta analizzando la mia risposta neurale:

    <li “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Com’è che sembra non ricevere i miei segnali di perplessità? <li “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Che valore mi arriva dai suoi messaggi? Quello che può darmi col suo lavoro o quello che vuole ottenere con nuovi ingaggi?

<p “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Si capisce quello che intendo? Me lo fai sapere nei commenti per cortesia?Io lo capisco che la frenesia porta a fare errori anche ai migliori. Però temo che stiamo smarrendo i fondamentali. <h3 “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Recuperare i fondamentali della relazione <p “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>La frenesia da conversione non dovrebbe menomare l’ABC della relazione, allo scopo di compiacere le richieste implicite di un algoritmo.Quando si scrive un messaggio privato a qualcuno su LinkedIn non sarebbe meglio chiedersi:

  • perché sto contattando questa persona?
  • Apprezzo davvero quello che fa, penso davvero di potergli essere utile, o sto solo cercando qualche like e qualche visualizzazione in più?

<p “=”” style=”text-align: left;”Io ho notato una cosa:brbrPoiché il marketing usa le parole in base alla loro popolarità, per ottenere conversioni, finisce spessissimo con l’inflazionare se stesso e le parole che usa.brbrQuindi finisce spesso col parlare di tutto e di niente!brbrLo avete visto il mio video sulla a href=”https://backupilvalorerelazionale.local/2021/07/05/breve-storia-del-marketing/” target=”_blank” style=”outline: none;”storia del marketing/a?brbrQuante volte la pubblicità ha dovuto rivoluzionarsi perché era diventata l’esagerazione di sé stessa?/p/divdiv style=”padding-top: 1px !important;”h3Allora facciamo un altro piccolo riassunto:/h3pspan style=”color: var(–tcb-skin-color-4);”Dal mio punto di vista il marketing è manipolazione della propensione all’acquisto. E riconoscerlo è importante:/span/pullispan style=”color: var(–tcb-skin-color-4);”per evitare banali errori di segmentazione della clientela;/span/lilispan style=”color: var(–tcb-skin-color-4);”per prevenire comunicazioni inefficaci;/span/lilispan style=”color: var(–tcb-skin-color-4);”per produrre davvero contenuti di valore per il possibile cliente!/span/li/ul/divdivp “=”” style=”text-align: left;”>Come dice Montemagno in un recente video: <blockquote “=”” =””=”” style=”text-align: left;”molto spesso non è questione di ingredienti magici, ma di girare lo sguardo nella direzione giusta!/blockquotep “=”” =””=”” style=”text-align: left;”>

E se ti occupi di ricerca di clienti e di segmentazione, è molto probabile che la direzione giusta sia smettere di voler sembrare, per forza, un figo nelle neuro scienze.Io credo che alzare l’asticella in questo settore, passi anche da qui. Tu no?

Cos’è il Marketing di Posizionamento #10 – Conclusioni

Cos’è il posizionamento

Ciao e benvenuto a Il Valore Relazionale. Io sono Alessandro e questo è il video conclusivo della playlist dedicata a “Positioning”.Positioning è un testo di riferimento in tema di marketing del posizionamento.E il posizionamento è una forma di propaganda che aiuta i brand a occupare, conquistare, una posizione specifica, dentro la mente del potenziale cliente.Proprio come se la mente fosse un territorio.

Meccanismi di difesa

Insomma, un fenomeno dal quale mi viene istintivo difendermi, perché, per gestire la mia attività, non ho bisogno di occupanti.Ci sono già abbastanza sfide la fuori, che mi troveranno anche senza che io mi vada a cercare degli intrusi.

I veri bisogni delle persone

Di cosa ho bisogno invece?

Di alleati, di sinergia e supporto. Ho bisogno di chi si colloca al mio fianco, per remare nella mia stessa direzione.Anche tu? Allora questo video è utile anche a te!Sinergia e supporto è quello che chiedo ai miei fornitori e anche quello che sono disposto a dare ai miei clienti.Per questo motivo, se potessi chiedere qualcosa al brand positioning in persona,gli chiederei di assumere la sua posizione nella mia mente domandando permesso,e di sistemarsi in maniera funzionale alla crescita della mia attività, oltre che della sua.Quello che gli chiederei è reciprocità.

Il modello prevaricante

Una comunicazione prevaricante può infatti portare a risultati incredibilmente veloci in termini di vendite, ma perde valore sul piano della relazione e della fiducia.Quindi può funzionare solo sul breve periodo.In ogni caso, io non sono il cliente giusto né il fornitore giusto, per chi assume quel tipo di comunicazione.Non voglio essere trattato come Pavlov faceva con i suoi cani. E non voglio essere un Pavlov per i miei clienti.Se individuo una vulnerabilità in un potenziale cliente, preferisco aiutarlo a rinforzarsi che usarla a suo discapito.Con il suo permesso e con un adeguato compenso naturalmente!

Caso Studio

Qualche settimana fa, ad esempio, ho assistito un mio cliente in un incontro con un suo possibile fornitore.

Situazione iniziale

La possibile azienda fornitrice è nata come la maggior parte delle aziende italiane.Un dipendente di un’azienda consolidata che si licenzia e coinvolge amici e parenti in un’avventura commerciale atta a fronteggiare l’ex datore di lavoro.

Incidenti di percorso

Un faccia a faccia, un duello combattuto con lo stesso identico prodotto, e qualche miglioria tecnica.Ma, la nuova azienda, si è data un nome che corrisponde a quello di un film molto ricercato su Google.E così facendo ha spedito il proprio sito alla terza o quarta pagina dei risultati di ricerca.Si è dotata di prezzi in linea con quelli dei suoi competitors, ma senza offrire nulla in termini di garanzie e servizi post vendita.È oggetto di un attacco legale da parte del vecchio datore di lavoro di uno dei soci fondatori!E il nome del prodotto di punta è lo stesso di un noto fashion brand, ma modificato di una vocale!Questa azienda è convintissima che investire sulle migliorie tecniche sacrificando il marketing sia sinonimo di “avere i piedi per terra”.

Ripercussioni sul modo di intendere i rapporti

I suoi responsabili non hanno minimamente sospettato che la conversazione che ho intavolato riguardo al marketing, non era atta a vendergli i miei servizi.La mia conversazione aveva lo scopo di far emergere le ragioni per le quali il mio cliente avrebbe dovuto preferire il loro prodotto a quello di aziende consolidate.O a far emergere eventuali ragioni per le quali star loro commercialmente alla larga.Ma io non stavo cercando di fargliela sotto al naso.Io stavo cercando di spostare la modalità di conversazione oltre il binomio “io vinco tu perdi” , oltre la conflittualità “torto-ragione’.’In sostanza io gli stavo chiedendo: “Perché il mio cliente dovrebbe scegliere te e il tuo prodotto”?

Vittorie di Pirro

È stato tragico e divertente allo stesso tempo, osservare una di queste persone rispondere,scrivendo su un foglietto la parola “PREMATURO”, e passarlo al mio assistito, facendolo scorrere sul tavolo.Senza rendersi minimamente conto di avere appena qualificato il suo stesso modello di business.Me lo ricorderò per sempre!

Il Business e il senso del tragicomico

È stato come guardare un pistolero alla Clint Eastwood, estrarre l’arma, spararsi negli attributi, soffiare sulla fumante e dirigersi fiero di sé verso il tramonto, sulle note di Ennio Morricone.Certo che mi dispiace per il suo dolore, ma ci vedo anche del comico nella boria e nello scrupolo con cui un uomo costruisce la sua stessa caricatura.E a proposito di fallimenti, io in questo caso non sono riuscito a comunicare a queste persone il valore della mia disponibilità, e neanche quello di un marketing più accorto.Ma la mia priorità era rendere servizio al mio già cliente, che mi ha ringraziato tantissimo per averlo aiutato ad evitare le seccature cui sarebbe andato incontro stringendo affari con loro.Mi sarebbe piaciuto di più essere d’aiuto anche ai suoi possibili fornitori.Ma ho espresso disponibilità, dato loro valore, attraverso dei suggerimenti gratuiti e chiesto permesso di agire in sinergia.Loro hanno rifiutato, anche se il prodotto in vendita era il loro, non il mio.

Il profondo rispetto per l’autolesionismo altrui

È un fatto che io ho scelto di rispettare per quello che è.Perché come è fastidioso che altri occupino la tua casa senza il tuo consenso, così vale anche per l’occupazione della tua mente!È lo stesso motivo per cui si finisce col detestare i tormentoni estivi! Ti entrano nella testa senza chiedere permesso!E allora è controproducente fare fatica solo per farsi detestare. A quel punto meglio porgere saluti e ringraziare.Forse è un muro incrollabile, forse è solo il momento sbagliato.

La rilevanza sacra del chiedere permesso

In ogni caso il modo in cui ottieni il consenso di occupare la mente del cliente stabilmente, definisce il tuo stile di comunicazione.Solo se hai chiesto permesso e lo hai ottenuto, puoi mirare allo sviluppo di uno stile di relazione sano.Se invece la tua comunicazione è pretestuosa, se ti atteggi a cowboy del business, allora ti sei convinto di poter vincere sempre, il che è già sintomo di una strategia sbagliata.

Perché scegliere con chi si e con chi no.

Non è sano fare affari con tutti. E’ sano imparare a scegliere.Diversamente ti attirerai le reazioni di chiusura, diffidenza e insofferenza dei tuoi clienti e fornitori, per accorgerti un giorno di esserti impantanato nell’anonimo e freddo brusio dell’opportunismo.Gagliardo eh!

Cos’è il Marketing di Posizionamento #9 – Naming

Ciao io sono Ale e benvenuto sul canale “il valore relazionale”. In questo video approfondiremo la visione dei Reis e Trough sul posizionamento dei brand.

Niente sigle e acronimi

Se hai bisogno di trovare un nome al tuo prodotto o servizio meglio usare parole descrittive di uso comune. Spruzza e lava per esempio. meglio evitare sigle e acronimi e se proprio deve usarli tieni conto che le persone li adotteranno solo in presenza di un vantaggio fonetico.

Vantaggio Fonetico

Ad esempio Los Angeles diventa facilmente L.A. perché il numero di sillabe si riduce a 2 partendo da 4.  New York ne ha già di due sillabe perciò non diventa N.Y. Rimane New York.

L’economia sul numero di sillabe conta perché la mente funziona un pochino a orecchio. Quindi per pronunciare una parola traduciamo prima le lettere in suoni.

Il Ribaltamento

Se qualche concorrente prova ad accaparrarsi le parole che ti servono per descrivere il tuo prodotto, allora ti sarà utile affinare l’arte del ribaltamento.

Per esempio:

equo per il commercio ma iniquo per il consumatore!

Parleremo del ribaltamento in modo ampio in appositi video dove Reis e Through non centreranno più niente.

Nomi Specifici

Meglio usare nomi specifici dedicati ed esclusivi. Se il prodotto riguarda una nuova categoria vale il principio scala nuova nome nuovo. Punto.

Vuol dire che un nome non può rappresentare due prodotti distinti nella stessa categoria. Quando lo fa, all’aumentare delle vendite di uno di questi prodotti gli altri ne perdono, perché più prodotti sono collegati al nome, meno questo diventa significativo per il consumatore medio.

L’anonimato e la posizione mentale

Evitare di sprecare l’anonimato in una cattiva pubblicità. Quando ti rapporti ai media vecchi e nuovi tieni bene a mente l’obiettivo. Non si tratta della pubblicità o della comunicazione fine a se stessa, ma conquistare un posto da te prestabilito nella mente del potenziale cliente!

Cosa significa possedere una posizione nella mente? Significa che il nome che hai scelto per il tuo marchio diventa un surrogato, un sostituto della categoria a cui appartiene.

Hai caricato l’Hilti? Passami il Vape per favore!

Solo nominando i rispettivi marchi in una conversazione, l’interlocutore capisce che c’è bisogno di un trapano o di un anti zanzare.  Meglio il posizionamento è stato svolto, più spesso avviene questa sostituzione.

Quando il tuo marchio specifico diventa il sinonimo della categoria a cui appartiene nella mente dei potenziali clienti puoi concederti il lusso di ignorare il tuo marchio e promuovere l’intera categoria.

Con i dovuti accorgimenti però. Ti rimando ai video su Ibm e Coca Cola di qualche mese fa.

L’attaccapanni delle caratteristiche

Potrebbe essere utile specificare che quello che entra nella mente non è il prodotto ma il suo nome. Come se fosse un gancio a cui il cliente ha appeso determinate caratteristiche.

Vuol dire che, se in nome della batteria dell’automobile è Duracell, e l’azienda che le produce ti dice che dura di più, ai un gancio a cui collegare l’idea della lunga durata.

Ma se il nome sulla batteria è Menegoldo batterie e il produttore ti dice che non ha bisogno di acqua, che gancio c’è a cui collegare questa caratteristica? Non c’è.

La chiave per la mente

Quindi metaforicamente parlando. il nome è una chiave per la mente. Se la chiave giusta il prodotto entra, apre la porta e ottiene pure la residenza.

La trappola dell’estensione di linea

Più prodotti sono collegati allo stesso nome, meno questo questo nome diventa significativo per il consumatore medio.

E’ più facile da dimenticare perché non ha una posizione indipendente dentro la mente e diventa solo uno dei satelliti del marchio originale.

Prendiamo uno spot ad esempio:

in America – dice la pubblicità – formaggio si scrive K.R.A.F.T. Si a volte il marketing è come le corse dei cavalli: in una gara alla reclame può vincere il meno peggio.

Kraft ha avuto successo con il formaggio perché non ha avuto concorrenti rilevanti a gareggiare.

In una situazione simile puoi permetterti di dare lo stesso nome a più prodotti ed ottenere risultati. Però devi essere consapevole che appena arriveranno dei concorrenti forti sarai nei guai.

C’è uno schema abbastanza comune:

  • al successo prematuro fa seguito l’estensione di linea cioè l’appioppare lo stesso nome ha più prodotti.
  • A questo fa seguito la disillusione, perché un nuovo prodotto è un nuovo concetto, quindi gli serve un nome nuovo e un nuovo posizionamento.

Potrebbe essere utile ricordarsi che un nome funziona come un elastico può estendersi ma solo fino a un certo punto. Inoltre più lo fa e più rischia di rompersi di non assolvere più la sua funzione.

Quindi l’estensione di linea va considerata una trappola, non necessariamente un errore. Essa può funzionare se… Ma è un se variopinto:

  • Se i tuoi concorrenti sono sciocchi.
  • Se il tuo volume d’affari è piccolo.
  • Se non hai concorrenti.
  • Se non ambisci a costruire un posizionamento nella mente del potenziale cliente.
  • Se non investi in pubblicità.

Infatti molti prodotti sono venduti ma solo pochi sono posizionati. Vuol dire che se il cliente vuole una scatola di piselli senza avere una preferenza consolidata per un determinato brand, qualunque marchio noto sarà meglio di uno sconosciuto.

Quindi se lavori per un’azienda che produce migliaia di prodotti di piccola dimensione, non puoi avere un nome nuovo per ognuno di essi.

Sei d’accordo? Trovi riscontro di questo nelle tue attività?

Se ti va scrivi il tuo punto di vista nei commenti. Grazie

Marketing del Posizionamento #6

Strategie per mantenere la leadership Buongiorno e benvenuto a “Il valore relazionale”. Io sono Alessandro Barison e questo video fa parte di una serie che si ispira al testo Positioning. Un classico del marketing. Ma dove dorme il gorilla di 400 KILI? Ovunque voglia! Jack Trout e Al Reis usano questa metafora per spiegare che … Leggi tutto

Marketing del posizionamento #5 – Mercato, leaders e alternative

Cos’è il marketing di posizionamento #5 Buongiorno e benvenuto su “Il valore relazionale”. Io sono Alessandro Barison e questo video fa parte di una serie che si ispira all’esperienza di lettura del testo Positioning, di Al Reis e Jack Trout. Un classico del marketing. Come funziona la mente umana? Secondo gli autori che ho citato, … Leggi tutto

Marketing del Posizionamento #4 – Breve storia del marketing

Marketing – L’era dei prodotti

Secondo Al Reis e Jack Trout negli anni Cinquanta, la pubblicità si trovava nell’era dei prodotti.

Per diversi aspetti, questi erano i bei vecchi tempi in cui la “migliore trappola per topi” e un po’ di soldi per promuoverla, erano tutto ciò di cui avevi bisogno per vendere.

Era un periodo in cui i pubblicitari concentravano la loro attenzione sulle caratteristiche del prodotto e sui vantaggi per il cliente.

Cercavano la “Proposta di vendita unica”. La famigerata Unique Selling Proposition.

Ma alla fine degli anni Cinquanta, la tecnologia iniziò ad alzare la sua mostruosa testa, ed è diventato sempre più difficile stabilire quella “USP”.

La fine dell’era dei prodotti è arrivata con l’ eccesso di prodotti.

Perché la tua “migliore trappola per topi” era rapidamente seguita da altre due che gli somigliavano.

Entrambe affermavano di essere migliore della tua. La concorrenza era spietata e quasi mai era onesta.

Marketing – L’era dell’immagine

La fase successiva è stata l’era dell’immagine.

Negli anni 60 e 70 le aziende di successo avevano scoperto che la reputazione, o l’immagine, era più importante nella vendita di un prodotto, rispetto a qualsiasi caratteristica specifica del prodotto stesso!

E non è mica difficile immaginare perché, in mezzo a tanti prodotti tutti uguali, una buona reputazione potesse fare la differenza.

Ma proprio come l’eccesso di prodotti ha ucciso l’era dei prodotti, l’eccesso di buone reputazioni, ha ucciso l’era della reputazione.

Poiché ogni azienda ha cercato di dare una bella immagine di sé, il livello di rumore è diventato così alto che relativamente poche aziende ci sono riuscite.

E fa un poco sorridere che di quelle che ce l’hanno fatta, nella maggior parte dei casi lo dovevano ad uno straordinario bagaglio tecnico dei loro prodotti.

Non di certo a una straordinaria campagna pubblicitaria.

Vedi Xerox e Polaroid, per esempio.

Marketing – L’era del posizionamento

Di conseguenza i pubblicitari, entrano negli anni 80 adottando un approccio più prosaico.

Considerano i punti di forza e di debolezza di un’azienda cliente, considerano quelli dei suoi concorrenti ed elaborano una strategia.

Con l’obiettivo di far percepire l’azienda cliente come leader di un settore, da una nicchia profittevole di clientela.

Lo scopo è trovare un mondo, un mercato, un contesto in cui essere primi.

E con questo, a mio avviso, danno i natali a uno dei concetti più fraintesi del marketing. La differenziazione.

Perché non si tratta di operare in maniera diversa in un dato contesto per farsi scegliere!

Campa cavallo che l’erba cresce!

Si tratta di inventare un contesto differente in cui essere unici!

Questo si che è interessante!

Tenendo bene a mente questo, consideriamo alcuni esempi del testo, Positioning.

La lezione di marketing di Amerigo Vespucci

IBM non ha inventato il computer. Sperry Rand l’ha fatto. Ma IBM è stata la prima azienda a costruire un posizionamento per l’informatica nella mente dei potenziali clienti.

Lo Sperry-Rand del XV secolo era Cristoforo Colombo.Che ha commesso l’errore di cercare l’oro tenendo la bocca chiusa.

Amerigo Vespucci no. L’IBM del XV secolo. Amerigo era 5 anni indietro rispetto a Cristoforo. Ma lui ha fatto bene due cose.

  1. Ha posizionato il Nuovo Mondo come un continente separato, totalmente distinto dall’Asia. Causando una rivoluzione nella geografia del suo tempo.

  1. Ha scritto ampiamente delle sue scoperte e teorie. E le sue cinque lettere sul suo terzo viaggio sono stati tradotte in 40 lingue nell’arco di 25 anni.

E di queste 2 cose fatte da Amerigo, vale la pena prendere nota.

Prima di morire, la Spagna gli concesse la cittadinanza castigliana e gli conferì un importante incarico statale.

Di conseguenza, gli europei attribuirono ad Amerigo Vespucci la scoperta dell’America e la chiamarono col suo nome.

Cristoforo Colombo morì in carcere.

Posizionamento, sensi e qualità. C’è una correlazione?

Poi gli autori fanno un esempio di come ha fatto un marchio tedesco a riposizionarsi nel mercato Americano, o nella mente degli americani.

Un esempio che a mio avviso racconta anche dell’altro.

“Hai assaggiato la birra tedesca che è la più popolare in America. Ora assaggia la birra tedesca che è la più popolare in Germania”.

È così che la birra Beck’s si è riposizionata prima, in America, contro Lowenbrau.

Lowenbrau, d’altra parte, ha rinunciato alla lotta ed è diventato un marchio nazionale.

Marchio nazionale che personalmente considero qualitativamente 4 spanne sopra Beck’s.

Lo dico perché quando la mente è ridotta a un postribolo del marketing, ascoltare i propri sensi può essere perfino saggio.

Perché possono essere loro a posizionare il prodotto che va bene per me, se sono io il cliente.

La concezione di quantità e qualità preserva la sua utilità anche quando si parla di posizionamento.

Non è un caso che molte tecniche di marketing che attecchiscono negli Stati Uniti, in Italia non funzionano.

Se poi si tratta di posizionare cibi e bevande usando le parole, forse i pubblicitari non hanno ancora capito bene un concetto.

Se si tratta di cibo, gli Italiani la loro lingua la sanno usare bene, ma per degustare, non per giocare con le parole.

Te “a marketer”, puoi dire quello che ti pare. Ma prima che io ti compri la cassa di birra, ne vorrò assaggiare una pinta. E se mi farà schifo, sarai il primo, nella lista dei miei mai più!

Considerazioni auree

Perché secondo me non è vero che quello che è valido nel business è valido anche in natura.

Semmai è il contrario. Quello che è valido in natura è valido anche nel business.

Non è mica la stessa cosa. Da questo lato mi pare ci sia un pochino meno arroganza!

In natura, gli stronzi prima o poi vengono a galla. E dove gli stronzi galleggiano, gli esseri umani non fanno il bagno. Vale anche nel business.

Per questo le ricette di marketing funzionano a periodi.

Poi cominciano a galleggiare!

Gagliardo eh?

Cos’è Il Marketing di Posizionamento? #3

Nei video precedenti

Il marketing del posizionamento #1

Il marketing del posizionamento #2

Imprinting e posizionamento

Secondo gli autori di “positioning” Ciò che è vero negli affari è vero anche in natura. E fanno l’esempio dell’ “Imprinting,” il termine usato dai biologi, per descrivere il primo incontro tra un animale appena nato e sua madre.

Bastano pochi secondi per fissare indelebilmente nella memoria del cucciolo l’identità del suo genitore. A meno che, nel processo di imprinting, la madre non sia sostituita.

Poco importa se da un cane, un gatto o uno spray nasale, quello per l’anatroccolo sarà la mamma naturale.

A me, l’idea di scambiare mia mamma con una lattina di birra, mi mette a disagio. Però non posso dire di non essermici mai attaccato per succhiare nutrimento.

Innamoramento, ricettività e posizionamento.

Gli autori sostengono che l’innamoramento è un fenomeno simile. Perché sebbene le persone siano più selettive delle anatre, sono meno selettive di quanto si suppone. E scrivono una frase secondo me importantissima:

“Ciò che conta di più è la ricettività”.

Due persone devono incontrarsi in una situazione in cui entrambi sono ricettivi all’idea. Lo dicono cosi, restando vaghi.

Si ma quale idea! Dobbiamo parlare per allusioni? E Vabbè.

Entrambi devono avere finestre aperte. Cioè, nessuno dei due è profondamente innamorato di qualcun altro. Cioè la posizione… mentale… diciamo… è libera.

Osano un poco di più i nostri due pubblicitari, dichiarando che il matrimonio, come istituzione umana, dipende dal concetto di chi fa prima a essere il migliore. E così gli affari.

Dicono:

“Se vuoi avere successo in amore o negli affari, devi apprezzare l’importanza di entrare per primo nella mente di qualcuno. Perché fidelizzi un cliente a un marchio di un supermercato, nello stesso modo in cui costruisci la fedeltà del partner in un matrimonio; arrivi per primo e poi stai attento a non dargli un motivo per cambiare”!

Davvero? E allora ci credo che in America ci sono più divorzi che matrimoni. Chi è che non ha almeno un motivo per cambiare il proprio partner!

Dai, stop con l’ipocrisia e lascia da parte il moralismo e il manierismo almeno adesso, che stai semplicemente guardando un video su internet!

E poi non dimenticarti che questi fanno marketing.

Se la battaglia è mentale, chi è favorito?

Citano Damon Runyan quando disse:

“La corsa non favorisce sempre il più veloce, né la battaglia favorisce sempre il più forte, ma questo è il modo di scommettere”.

E spiegano che in una gara nel mondo fisico, le probabilità favoriscono il cavallo più veloce, la squadra più forte, il miglior giocatore. Ma non è così in una gara mentale.

In una battaglia mentale le probabilità favoriscono la prima persona, il primo prodotto, il primo politico a entrare nella mente del potenziale cliente o elettore! E detto cosi sembra vero! Forse lo è davvero!

Dicono: se non sei entrato per primo nella mente del tuo potenziale cliente (personalmente, politicamente o aziendalmente), allora hai un problema di posizionamento.

Bella zio, di sicuro sei attento a formulare la frase secondo le regole del copywriting! La regola del 3 non sbaglia un colpo.

Ma andiamo avanti!

L’importanza di essere i primi.

Secondo loro, nella pubblicità, è bene avere il miglior prodotto nel tuo campo specifico. Ma è ancora meglio essere primi.

Spiegano che esistono strategie di posizionamento per affrontare il problema di essere n. 2 o n. 3 o addirittura n. 203, ma prima è meglio assicurarsi di trovare qualcosa in cui essere i primi.

Dicono che è meglio essere un grosso pesce in un piccolo stagno (e poi aumentare le dimensioni dello stagno) che essere un piccolo pesce in un grande stagno.

Anticipazioni sul prossimo video.

Poi si lanciano in un riassunto della storia della comunicazione. Che vedremo nel prossimo video.

Gagliardo eh!? Anche il galletto!

Il Marketing del Posizionamento #2 – Lo sticchio di mercato

Posizionamento.

Se hai visto il video precedente forse sai che sto leggendo POSITIONING, di Al Reis e Jack Trout, un libro che è considerato una pietra miliare del marketing.

E saprai anche che, senza uno sforzo dedicato, la pronuncia corretta del cognome Reis mi scappa da tutte le parti. Rais, Reis, Riiæs?

Comunicazione o sovraccarico? – Come aggirare il rumore di fondo.

Difetti di pronuncia a parte, io ho l’impressione che gli autori del libro non vedessero di buon occhio l’iper comunicatività che contraddistingueva la società degli anni 80.

Chissà come si sentirebbero nel 2021 allora! Dove quell’iper comunicatività è stata aumentata esponenzialmente da diavolerie tecnologiche che loro non conoscevano: il web e i cosiddetti social networks.

Dal loro punto di vista, essendo sedotta dall’idea della comunicazione, la nostra società non riusciva a valutare i danni collaterali del grande rumore di fondo che ne derivava.

Il sovraccarico dei nostri canali percettivi ha fatto si che solo una piccola parte dei messaggi ci arrivassero. Ed è davvero improbabile che siano stati quelli più importanti!

Paradossalmente, tanto negli anni 80 come oggi, nulla sembra essere più importante della comunicazione.

Senza di essa nulla sembra realizzabile e non importa quanto tu possa essere dotato.

Se la sai usare bene, invece tutto diventa possibile.

Infatti quella che viene solitamente chiamata fortuna, con buona probabilità, è una conseguenza di una comunicazione efficace!

Secondo gli autori, la comunicazione efficace è la capacità di dire le cose giuste, alle persone giuste, al momento giusto!

 

Entrare nella mente del cliente: ma che vuol dire?

Il posizionamento quindi, è un sistema organizzato, per trovare una finestra di accesso, nella mente di uno specifico qualcuno.

E si basa sul concetto che la comunicazione deve avvenire esclusivamente nel contesto giusto, al momento giusto, verso i giusti destinatari.

Il modo più semplice per posizionarsi giusti, nella mente di una persona, secondo Al Reis, è entrarci per primo.

Entrare nella mente altrui per primi, hai capito bene.

Francamente mi sembra una spiegazione un tantino riduttiva, ma secondo lui, per constatare la validità di questo principio basta porsi alcune semplici domande.

  • Come si chiamava la prima persona che ha volato in solitaria attraverso il Nord Atlantico? Charles Lindbergh.
  • Come si chiamava la seconda persona che ha volato da sola attraverso il Nord Atlantico?
  • Come si chiama la prima persona che ha camminato sulla luna? Neil Armstrong
  • Come si chiama la seconda?
  • Come si chiama la prima persona con cui hai fatto l’amore?
  • Come si chiama la seconda?

Francamente io i nomi delle 5 donne con cui sono stato me li ricordo tutti. Ma ho trovato indimenticabili anche le parentesi con Candida e Mononucleosi.

Ma Al Reis e Jack Trout sostengono che la prima persona, la prima montagna, e perfino la prima malattia venerea a posizionarsi, sarà terribilmente difficile da rimuovere.

  • Tesla nell’automotive elettrico;
  • Amazon nel commercio on-line;
  • Facebook nei social networks;
  • Apple nel settore informatico;
  • Epstein Barr nei globuli bianchi;
  • Alessandro Barison nel Valore Relazionale!

Gli autori di Positioning poi sostengono una cosa che sembra ovvia, e invece non lo è.

 

L’importanza del brand – e di dove trova il nido.

La prima cosa di cui hai bisogno per “fissare il tuo messaggio in modo indelebile nella mente” dei clienti, non è affatto un messaggio. È una mente.

Una mente vergine. Una mente che non è stata occupata…

dal marchio di qualcun altro.

Oggi diremmo uno sticchio di mercato… ah no scusate… una nicchia di mercato.

In sostanza si parla della magia che nasce tra la nicchia e sta nicchia! Si capisce?

E infatti gli autori di Positioning ritengono che ciò che è vero negli affari è vero anche in natura.

Ne parleremo nel prossimo video.

Gagliardo eh!

https://www.youtube.com/channel/UCl36g8AuOZIb5yLgEU2IUww

https://www.linkedin.com/company/ilvalorerelazionale/

https://www.facebook.com/ilvalorerelazionale

LinkedIn, interazioni e tag. Funziona tutto?

Sono impegnato nel tentativo di aumentare la qualità delle interazioni digitali, all’interno della rete Linkedin mia e dei miei clienti.

Ultimamente ho sperimentato una tecnica sul profilo di un mio cliente:

ho chiesto a un segmento specifico della sua rete, un consiglio di settore per chi si accinge ad entrare in esso, ed ho taggato un certo numero di persone in target.

Il riscontro in termini di commenti è stato nullo.

Allora ho raccolto questo piccolo fallimento, copiandone il link, ed ho  taggato altri membri della mia rete, in target con l’argomento, che poi era le lavorazioni meccaniche.

Mi sono preoccupato di introdurre il post perchè fosse interessante anche per il mio di settore, il marketing digitale.

Ecco il testo che ho usato:

LinkedIn serve ad interagire con le persone, a comunicare valore. Posso sfruttare la mia presènza on-line, per dare la possibilità ai membri della mia rete di esprimere la loro professionalità.Posso anche ricevere quella possibilità dagli altri.

Se voglio una presenza profittevole su LinkedIn, dovrei valorizzare queste interazioni, dandogli atto.In questo modo posso conoscere e farmi conoscere più in profondità.Sono curioso di sapere cosa ne pensano anche persone del mio stesso settore, che stimo.

A questo punto ho taggato due specialisti di LinkedIn, poi ho scritto:

A seguire dei tag, per chi opera nel campo della meccanica. Il post di Tizio è un’occasione tutta per loro. Grazie.Tralasciando le visualizzazioni, quali sono stati i risultati in termini di interazioni?

Ebbene: il risultato è stato il silenzio più totale.Non solo dal lato dei professionisti della lavorazione meccanica, ma anche lato specialisti di Linkedin.

Rispetto a questo silenzio ho provato delle emozioni che mi hanno spinto a interrogarmi.

  • Alessandro qual’è la ragione del silenzio totale?

Prova ad ammettere per un attimo che il post faccia schifo per qualche ragione, che sia fuori target rispetto al loro business, che il copy sia orribile ecc. ecc.

E fai finta che non possa essere che a questi specialisti sia semplicemente sfuggito il tag.

  • Cosa gli ha impedito, se non di commentare di inviarti un breve messaggio in chat, magari vocale, direttamente dalla messaggeria di LinkedIn, per dirti cosa non va in quel post!
  • Cosa ha impedito  a te di chiederglielo allo stesso modo?

Mi son risposto che non c’èra proprio niente a impedirmelo, e quindi li ho contattati.

  • Allora cosa ha impedito loro di rispondermi?

L’assenza di qualsivoglia notifica! Un problema della piattaforma dunque!

  • Ma allora, se non fosse arrivata nessuna notifica neanche agli addetti della lavorazione meccanica, che senso avrebbe avuto il mio impiego della funzione tag?
  • Che senso avrebbe in futuro, progettare una tattica di pubblicazione, considerando tale funzione strategica, se poi tale funzione… non funziona?

Quindi ho provveduto a segnalare a LinkedIn il disguido in modo che facciano delle verifiche.

Se vuoi sapere come si fa, puoi farmelo sapere nei commenti e saró felice di fare un tutorial a riguardo.

Ringrazio Daniele Manucci e Stefano Pisoni per i loro feedback, che mi hanno dato modo di capire quello che è accaduto.

Se operi nel digitale con LinkedIn come Asset, ti consiglio di starci attento.

Ma, al di la dei disguidi della piattaforma, sono curioso riguardo l’opinione di altri marketers.

  1. Se fossi stato tu ad essere taggato o taggata, e il tag avesse funzionato, avresti risposto?
  2. Se si, come?
  3. Se no, perché?

Ti lascio il link al post di cui parlo, e grazie per il tuo feedback.

Buona giornata, buon lavoro, e buon fine settimana.Il post in oggetto: https://bit.ly/3yHAOUyGuida #LinkedIn gratuita : https://bit.ly/3fSn14TLink per verificare che tutte le impostazioni di notifica di LinkedIn siano impostate in maniera corretta: https://bit.ly/2SwYnyO