Comunicazioni e Relazioni del Settore Olistico

Comunicazioni e Relazioni dei Professionisti del Settore Olistico

Presentazione

Ciao.

Io sono Alessandro e questo è IL VALORE RELAZIONALE.

Una volta su “il valore relazionale. com” , e adesso su valorel.net, più breve e facile da ricordare.

Oggi, ti parlo di Giampaolo. Che aspira ad essere un operatore olistico, professionista.

Fa massaggi con una tecnica particolare il Giampaolo. Tecnica che ha imparato da un tizio, che dice di averla messa a punto, dopo anni d’intuizioni.

Giampaolo considera questo tizio come suo Maestro. Perciò lo tiene in grande considerazione.

Non solo per quanto riguarda la tecnica di massaggio, ma più come un mentore a 360 gradi.

Però Giampaolo chiede comunque a me, un parere su come impostare la comunicazione sui social.

Perché coi suggerimenti del suo mentore, stavolta proprio non gli riesce di trovare una quadra.

Le domande base per abbozzare la propria comunicazione

Allora io gli chiedo:

  • A chi ti rivolgi di specifico?
  • Ah. Questo massaggio fa bene a chiunque.
  • Ok. E come convinci chiunque a venire a farsi massaggiare da te?
  • Col passaparola!
  • Si ma da chi partiresti, se tu potessi scegliere? Con chi più ti piacerebbe lavorare? Con gli atleti? Con degli artisti forse? Degli attori?
  • Qual’è la categoria di persone a cui ritieni di poter essere più utile?
  • Mi sa che non ci ho mai pensato, in modo così preciso.
  • Bene! Sono contento di averti introdotto a un nuovo percorso logico allora. È bene svilupparlo a puntino, perché una volta definito con chi ti piace lavorare, è utile capire a cosa costui ambisce, da cosa è frustrato e cosa lo spaventa.
  • Poi cercare di rilevare chi e cosa lo influenza, quando prende una decisione importante.
  • E quali sono i suoi valori di riferimento. Perché così ci possiamo immedesimare in lui. Possiamo capire quali convinzioni gli impediscono di accogliere i tuoi messaggi, e lo aiutiamo a metterle in discussione.
  • Ma come? Con una serie di comunicazioni atte a trasformare ciò che, nella sua mente, lo tiene lontano da te.
  • E tali comunicazioni sono assimilabili a tanti piccoli e facili passi, in relazione tra di loro, che piano piano aumentano il livello della sua disponibilità, nei tuoi confronti.
  • Ma mettiamo un attimo da parte questo. Perché non mi racconti, invece, come avevate progettato la promozione tu e il tuo Maestro? Qual era la vostra idea?

E mi racconta che, in sostanza, l’idea del suo Maestro era quella di fornirgli un videomaker di fiducia, per registrarlo, in una video testimonianza, di come il massaggio che Giampaolo pratica gli ha cambiato la vita in positivo.

Quando il disagio è prezioso… è presagio

Giampaolo ci prova, ma si sente a disagio con quel tipo di comunicazione. E forse ne ha ben donde.

Infatti:

  • se Giampaolo è un testimonial a disagio di fronte a una videocamera, allora chi è il beneficiario della testimonianza?
  • È solo timidezza quella che si esprime in quel disagio, di fronte alla telecamera?
  • O c’è anche un presagio di un contesto più ampio, che finora gli è sfuggito?

E infatti poco tempo dopo mi confessa un dubbio:

“Ma il mio Maestro, sostiene la mia realizzazione come dice, o sono io a sostenere la sua, mio malgrado” ?

Domanda sana secondo me!

Perché ti racconto questo?

Perché nella mia attività di facilitatore dello sviluppo di modelli di comunicazione efficaci, è emerso un tema ricorrente, negli ultimi 8 mesi.

Proprio coi professionisti del settore olistico.

Il tema del contrasto!

Tra cosa?

Te lo dico dopo la sigla!

In questo video parlo di un contrasto.

IL CONTRASTO

FRA LE COMUNICAZIONI E LE RELAZIONI

DEI PROFESSIONISTI DEL SETTORE OLISTICO

I quali comunicano, coi loro potenziali clienti.

Mentre coi loro già clienti invece, ci si relazionano.

Le comunicazioni sono unilaterali, e spesso si rivolgono a molti.

Le relazioni invece sono reciproche e per questo sono bilaterali o multilaterali.

Va tenuto conto che, molto spesso, la relazione si instaura tra singoli.

Se non altro perché, se già è complicato gestirla tra singoli, figuriamoci in gruppo.

Ed è proprio questa difficoltà a gestire le relazioni all’interno di un gruppo, che stimola la creazione di altre sottocategorie della relazione.

Altre modalità, altre opzioni possibili.

  • La relazione simmetrica: dove tutti hanno pari livello di autorevolezza.
  • E la relazione asimmetrica, dove c’è qualcuno che ha più autorevolezza di altri.

Allora abbiamo:

  • le relazioni all’interno di un gruppo,
  • Abbiamo la relazione simmetrica,
  • quella asimmetrica,
  • Abbiamo chi nel gruppo ha più autorevolezza e abbiamo chi ne ha di meno…

E Sim Sala Bim, in quattro e quattrotto ci troviamo fra le mani tutti gli ingredienti di una questione di POTERE!

Saper riconoscere il potere

E quindi è un vero peccato che per molti operatori olistici sembra essere difficilissimo, accogliere con sobria responsabilità, il potere conferitogli dal loro ruolo.

Quale ruolo?

Quello di chi si propone ai suoi clienti in qualità di relazione d’aiuto e supporto.

C’è chi ne abusa senza esitazioni, c’è chi nega di avere un potere, e chi unisce le due cose in una sola.

Sono davvero in pochi a riconoscere che si esercita un potere, ogni volta che si agisce nell’ambito, di una relazione d’aiuto.

Perché in pochi si rendono pienamente conto che, dal momento in cui si assume una relazione d’aiuto, si diventa la fonte dei rinforzi, positivi o negativi, delle persone che si rivolgono a noi.

Molti non se la sentono di assumersi questa responsabilità.

Non c’è niente di male, hanno di certo le loro ragioni.

È soltanto che io mi chiedo:

Nel mentre che non trovano la strada verso la loro responsabilità, perché non si dedicano a un lavoro diverso?!

Qualcosa che gli EVITI di avere a che fare con le profondità più intime degli altri?

Sia chiaro!

Il più delle volte queste persone non hanno nessuna intenzione di nuocere, deliberatamente, al loro prossimo.

Sapere cosa ci si aspetta dal proprio lavoro

È solo che non sono coscienti fino in fondo, di cosa si aspettano di ricevere, dall’esercizio del loro lavoro.

Di conseguenza non sono coscienti nemmeno di tutti quei bisogni che stanno dietro a quelle aspettative.

E questa condizione, una volta che entra in gioco in una relazione con un cliente, fa decisamente percepire il suo peso.

Ma non tanto all’operatore olistico, proprio al cliente, che quindi non si sente ascoltato, né capito, e perciò non torna, né passa parola.

E come potrebbe essere altrimenti, in una relazione d’aiuto, in cui i bisogni del cliente sono messi in secondo piano, da quelli del professionista.

Diventa disfunzionale!

Il massimo del risultato è che, il cliente, revisiona sotto una luce più critica, anche le impressioni positive ricevute in passato.

Proprio come Giampaolo col suo Maestro!

Mi è dispiaciuto, constatare una diffusa resistenza, da parte degli operatori olistici, a guardare alla propria proposta commerciale, con gli occhi e soprattutto la mente, dei loro clienti.

A dirla tutta, la resistenza riguarda anche, considerare la propria, una proposta commerciale.

Ma li, gli tocca di cedere in fretta.

Tu vuoi essere pagato o lavorare pro bono?

Perché se ti fai pagare la tua è una proposta commerciale. Anche tu vendessi l’immacolata concezione.

Soprattutto, vendessi l’immacolata concezione.

Empatia e manipolazione

Ma tornando alla riluttanza ad osservare la propria proposta con gli occhi e la mente dei propri potenziali clienti, viene spontaneo chiedersi se queste persone sappiano provare empatia.

Dato che dovrebbe essere requisito fondamentale del loro mestiere.

Sarebbe una semplificazione pensare che non ne siano realmente capaci.

La realtà è più complessa e non posso dirimerla tutta in questo video.

Accenno solo al fatto che empatia e manipolazione sono due poli che si attraggono. E spesso si incontrano nel settore formativo, nei corsi.

E poiché la manipolazione funziona con meccanismi, che sono l’opposto della comunicazione efficace, si verifica un fenomeno curioso e interessante.

  • Poiché gli operatori olistici sono persone tendenzialmente empatiche, che hanno frequentato ambienti formativi per anni.
  • Poiché questi ambienti sono spesso intrisi di aspetti manipolativi, legati alle figure carismatiche che li tengono in piedi, le quali tendono a giustificare la loro realtà con filosofie astratte, esotiche, abbinate a meccanismi di ingroup e outgroup.
  • Allora il momento in cui ci si dedica alla costruzione di una comunicazione efficace, è inevitabilmente il momento dove saltano tanti altarini.
  • Altarini del presente, del passato… e a ben guardare anche quelli del futuro.
  • Dove tocca di mettere in discussione i pattern di comportamento acquisiti senza accorgersene, e perciò non rielaborati fino in fondo.

E se per qualche motivo, per quegli altarini, per quei pattern, si nutre attaccamento, ciò che sará rimandato a data da destinarsi sarà, certamente, la costruzione efficace di una comunicazione efficace.

E no, la mia non è una ripetizione a caso. Perché, se osservi con attenzione, puoi riscontrare da te che esistono frotte di professionisti, impegnati strenuamente, nella costruzione inefficace, di una comunicazione efficace.

L’incongruenza sistemica non è un caso e la dissonanza cognitiva risulta funzionale nelle realtà manipolative.

Per la stessa ragione per cui un lavoro perennemente incompiuto risulta così funzionale nella manipolazione del mercato degli appalti, per fare un parallelismo.

Ma per semplificare basta pensare a cosa succede quando la possibilità di praticare una data tecnica è legata al riconoscimento e alle certificazioni di organizzazioni gestite dai personaggi carismatici suddetti.

Io sono un appassionato di pratiche olistiche sin dall’adolescenza. Pratico cose da oltre 25 anni. Per qualche tempo è stato anche il mio lavoro principale.

Quindi ritengo di conoscere molto bene il settore, con le sue molte luci e moltissime ombre. Ed a riguardo ho una visione molto disincantata.

Detto questo,  il mio consiglio per gli operatori olistici è il seguente:

Non è il caso di sforzarsi di fare pace col fatto che, nella maggioranza dei casi, chi approccia al mondo olistico lo fa quando sta male, per trovare un qualche tipo di conforto, rifugio, consolazione?

Noi del mondo olistico, mi ci metto dentro anche io, siamo tutti gente che, in qualche modo, ha dovuto raccogliere i pezzi. Personalmente, diffido da chi se ne vergogna.

Per contro la domanda è:

una volta ristabilita una certa integrità, non è il caso di resistere alla tentazione di spargere sollievo, con le tecniche più disparate, per darsi il tempo e il modo di sperimentarsi come individui, un poco morti e un poco rinati a se stessi?

Perché non la lasciamo decantare un pochino questa crescita personale?

Perché non darsi l’opportunità di distinguere la sostanza dal superfluo?

A volte mi sembra che, rinforzate a fatica le fondamenta, di quella bifamiliare che non ha retto al terremoto, ci si affretti a costruirci sopra un grattacielo, per monetizzare.

Lo capisci che in una situazione simile, da fuori, salta proprio all’occhio che c’è un’urgenza nascosta là sotto, a fare pressione, oltre ogni livello di buonsenso?

Come puoi pretendere che le persone ti si affidino serene e a frotte, quando tu sei il primo a essere in conflitto coi tuoi bisogni?

Che sia il caso di ridimensionare i propri progetti?

Secondo me si.

Se non altro per evitare futuri disastri e relative vittime.

Per chi ha il coraggio di farlo c’è un dopo, in cui si riconosce senza eccessivi patemi d’animo sia i propri bisogni, sia il potere, sia la responsabilità, nei confronti delle persone che a noi si affidano.

Se sei in questa fase;

Se te lo senti addosso questo coraggio, e se sei disposto a vigilare su te stesso, per cercare di evitare inutili sofferenze ai tuoi clienti; allora questo contenuto ti può essere molto utile.

I due concetti da appuntare sul taccuino

I due concetti principali per seguire il ragionamento sono che:

  1. La comunicazione è univoca e si rivolge ai molti.
  2. Mentre la relazione è reciproca e avviene tra le parti.

Si, è inesatto, è impreciso, ma permette un distinguo utile a tutti quelli che operano a fasi alterne fra gruppi e singoli. A chi deve fare spesso lo switch tra comunicazione e relazione.

Un distinguo utile a fare che cosa?

  • Ma a proteggere i propri clienti dalla tentazione di strumentalizzarli.
  • A evitare delle pericolose promiscuità.
  • Ad auto limitare il potere di suggestione del proprio carisma personale.

Forse si può usare a vantaggio di tutti, la comunicazione per la relazione.

Ma usare le relazioni in funzione della comunicazione, finisce spesso con lo sminuire il valore di qualcuno.

Finisce che si sacrifica il singolo in funzione dei meccanismi di gruppo. Non è una cosa che merita di essere approfondita in un epoca in cui tutti siamo potenzialmente direttori di mass-media?

Si, perché se ti proponi al prossimo come facilitatore della SUA crescita personale, allora il compito di proteggerlo da te stesso è in buona parte tuo.

E un bel trucco per facilitarti questo onere è quello di prendere le distanze dalla definizione di “insegnante”.

Lo so che a essere chi insegna è più facile posizionare se stessi dalla parte di chi riceve la parcella, e l’Altro dalle parte di chi la paga.

Però è anche vero che se conquisti la mente dei tuoi clienti col brand positioning d’assalto, l’unica crescita a concretizzarsi nel breve, medio periodo, sarà quella del tuo conto in banca.

Ti pare poco? Qualcuno avrà pensato.

A me francamente si.

Perché la tua promessa di mercato riguarda LA LORO CRESCITA PERSONALE.

Quella dei tuoi clienti!

E se sul lungo periodo disattendi quella promessa, addio BRAND POSITIONING!

E a quel punto resisti al mercato solo se sei paraculato.

Ma puoi provare a prendere in considerazione che, se tu puoi strutturare la condivisione di parte del tuo sapere, i tuoi clienti possono strutturare la condivisione di parte dei loro soldi. Non è così?

E di passaggio, ti ricordo che se vuoi vedere realizzati più video come questo, puoi iscriverti al canale, attivare la campanella e si, anche diventare un Patreon.

Per dare quel sostegno economico, così fondamentale per lo sviluppo di un progetto nel tempo.

E di cui anche io ho bisogno, si, certo.

Allora, tornando al ”condividere invece che insegnare”, è vero o no che se riesci a rinunciare ad essere quello che insegna, dai più valore a quelli che imparano?

Evitare di conferirti il ruolo d’insegnante, non ti costringe a ragionare su quale sia il valore di ciò che proponi, per i tuoi clienti?

Esprimi le tue sensazioni a riguardo nei commenti, per favore!

Condivisione e Brand Positionig Olistico

Secondo me, condividere invece che insegnare è come viaggiare con le ruote maggiorate, invece che con le stradali.

Vai più lento, ma vai su qualsiasi terreno!

Ecco perché CONDIVIDERE, mi sembra più prolifero che insegnare:

Perché fornisce protezione dalla propria vanità.

Darti dell’ insegnante può spingerti a relazionarti col singolo, solo per dare uno spettacolo al tuo pubblico.

Uno show che porta il tuo nome. E che in sostanza è più votato all’intrattenimento che alla crescita personale.

E che ha un effetto collaterale quasi inevitabile. La produzione di mere comparse e di capri espiatori!

Saranno loro ad essere espulsi dai tuoi scarichi, assieme a tutti gli effetti negativi delle incongruenze che tu metti in atto.

I tuoi clienti più smart però se ne accorgeranno e ti pianteranno in asso!

Ti rimarranno gli altri.

Se sono il target che desideri per te stesso… e se sei paraculato, in qualche maniera la sfangherai comunque.

In questo caso … in culo alla balena!

In ogni caso, teniamoci in contatto!

Tenendo conto che, fortunatamente, esistono modalità più efficaci, rilassate e coese, di vivere la crescita personale.

Modalità in cui si può evitare ogni repressione, incoraggiando l’espressione.

Gagliardo eh!

ter your text here…

Business Model Canvas – Approfondimento #1

Il Business Model Canvas è uno strumento che descrive come un’azienda crea, fornisce e cattura il valore.

Frase breve ma con tante informazioni!

  1. Un modello di business è uno strumento.
  2. È uno strumento che rende chiaro il come.
  3. Rende chiaro come un’azienda crea valore.
  4. Rende chiaro come un’azienda consegna valore
  5. Rende chiaro come un’azienda ottiene valore

E quindi è uno strumento che serve per fare, uno strumento operativo, uno strumento pratico!Ne avevo già parlato in questo articolo.

Bello! Ma come faccio a costruire il mio Business Model Canvas?

Te lo spiego in questa serie di video.

In questo, nello specifico, ti mostro il primo passo che puoi fare per avere chiaro qual’è il modo adatto a te di portare a casa il grano.

Ciao, io sono Alessandro e tu sei benvenuta o benvenuto a  “Il Valore Relazionale’.

Chi sei? Cos’hai da offrire all’ambiente circostante? Cosa fai?

Domande semplici, schiette, che fanno cascare la mandibola a tanti, che si gettano nel mondo del lavoro, senza avere controllato l’ovvio.

Come fossero partiti per una lunga escursione in montagna, ma senza aver controllato il contenuto dello zaino.

Ti garantisco che nella grande montagna del lavoro, i soccorritori hanno un gran da fare.

E non è vero che dovrebbero solo esserne contenti, perché c’è tanto lavoro.

C’è tanto lavoro ingrato. Perché le partite iva somigliano a dei pericolanti.

Mi spiego:

Se io che sono la partita iva, il professionista, il pericolante, non capisco il valore di controllare il contenuto del mio zaino, prima di partire per la mia escursione in alta montagna, come posso apprezzare il valore di un soccorritore che si è tenuto allenato e in questo momento:

  • Si sta calando da un elicottero che sta a mezzo metro da una parete rocciosa;
  • Col vento;
  • A 2500 metri d’altezza;
  • Per 1000 euro al mese;
  • Solo perché per me era troppo controllare di avere il moschettone di sicurezza!

Se sono fatto così è più probabile che mi lamenti del fatto che, salvandomi la vita, il soccorritore mi ha schiacciato un unghia.

E magari gli chiedo pure i danni.

E allora come posso fare per ricordarmi di controllare meglio la mia attrezzatura, prima di mettere in pericolo me stesso e le persone, che poi, magari, tenteranno di tirarmi fuori dai miei stessi guai?

In questa metafora dove l’escursione in alta montagna rappresenta il fare impresa, la risposta è semplice.

Facendomi qualche domanda mirata, e sforzandomi di rispondere e prendere nota.

E chi me le potrà mai suggerire le domande giuste?

Ma i soccorritori della grande montagna del lavoro! I consulenti!

I quali, per ridurre i rischi derivanti dalle urgenze, e per ridurre la percentuale di lavoro ingrato, dedicano una parte delle loro risorse a diffondere la cultura della prevenzione.

Cosa che sto facendo anche io, proprio in questo momento!

Ora che è chiaro perché, rispondere alle domande che ti sto per proporre, può risparmiare problemi a entrambi, lascia che le condivida:

Ti interessa il tuo lavoro?

Sei proprio sicuro che non faccia da tappo una qualche tua importante abilità o competenza che quindi non stai utilizzando appieno?

È importante accorgersene, perché le abilità e le competenze inespresse, dovrebbero andare a bilancio.

Certo che si! La frustrazione, lo stress e l’insoddisfazione andrebbero annotati sotto la voce dei costi.

Esse sono concretamente dei costi, perché ti sottraggono energie, che tu potresti impiegare per alimentare altro.

Inoltre, senza che tu te ne accorga, le frustrazioni vanno ad alimentare dei bisogni tuoi.

Delle urgenze inconsce, tue, personali, che ti faranno diventare completamente cieco, rispetto ai bisogni dei tuoi clienti e collaboratori.

Se per te queste urgenze saranno inconsce, clienti e collaboratori invece, le noteranno benissimo, visto che avranno ripetutamente la sensazione che tu sia troppo preso dai tuoi problemi per capire i loro.

Quindi quelle tue abilità e competenze represse, andrebbero segnate alla voce delle “attività chiave”,

in quanto rappresentano energie motrici di possibili incrementi al valore che hai da offrire.

E di riflesso quindi, possono essere chiavi,  per incrementare anche il valore che ricevi.

Mi raccomando, quando parlo di valore, dato e ricevuto, non mi limito ai soldi.

Essi sono importanti da considerare, nella sostenibilità di un progetto, ma non possono viaggiare da soli.

E quindi, perché non controlliamo anche se le tendenze della tua personalità sono in sintonia con le caratteristiche del posto in cui lavori?

Dai facciamolo!

Ma quando provi a rispondere alle domande che ti faccio, non farti influenzare dagli effluvi dei brand.

Quando un soggetto di mercato, un professionista o un’azienda dispone di budget importanti, ha un grosso margine di manovra sulla percezione che clienti e collaboratori hanno di lui.

Tu guarda le persone con cui lavori. Come ti sembrano?

E’ importante, perché sono loro a definire davvero la qualità del tuo ambiente di lavoro.

  • Sei in sintonia con loro?
  • Sei in sintonia con le attività lavorative che devi svolgere?

Se le persone e le azioni quotidiane non sono in sintonia con le tue attività chiave, ti suggerisco di cominciare a considerare l’idea di cambiare Clienti, cambiare Partner Chiave, cambiare Lavoro!

Con quali altri criteri lo vedremo in altri video. Per ora ti invito a elaborare gli spunti che ti ho dato oggi.

Se hai delle perplessità, scrivile nei commenti oppure contattami.

Gagliardo eh!

La Forza del Centro in Feldenkrais e Pilates #1

La Forza della ricerca

Giulia

Mi occupo di corpo e movimento da tutta la vita perché ho cominciato con la danza da piccolina.

Ho fatto un percorso lunghissimo come danzatrice classica e poi con la danza contemporanea.

Ho insegnato danza e poi un poco alla volta sono arrivate nella mia vita le discipline della consapevolezza.

Perché per me il lavoro sul corpo è sempre stato un lavoro di ricerca, anche legato all’interiorità all’espressione di me e poi mi ha appassionato molto e mi appassiona trasmettere quello che ho imparato agli altri.

Quindi ho iniziato a insegnare, tanti anni fa, danza. Poi ho intrapreso questo percorso per insegnare il metodo Feldenkrais, che è una disciplina della consapevolezza corporea.

Poi ho continuato con il pilates e adesso sono di nuovo felicemente nella formazione come allieva, per quanto riguarda lo yoga.

Io amo fare l’allieva, amo tantissimo fare allieva, e noi ci siamo conosciuti nell’ambito della nostra formazione yoga.

La Forza della relazione

Alessandro

Visto che siamo già arrivati al discorso formazione, ti chiederei appunto com’è che ci siamo conosciuti noi due.

Giulia

Ci siamo conosciuti in questo contesto meraviglioso che è Contatto:

una scuola di yoga di Modena con la quale io ho iniziato una collaborazione ormai tre anni fa.

Davide e Annalisa, gli insegnanti e fondatori, che salutiamo con tantissimo amore, sono due carissimi amici. Con loro ci siamo conosciuti all’interno di un altro percorso di consapevolezza. E mi hanno invitata a insegnare feldenkrais dentro la loro formazione di yoga.

Per me è stato è stata un’occasione meravigliosa per lavorare con tantissime persone che erano già sulla strada della consapevolezza.

E’ stato un modo per dare un mio contributo, in occasione della loro seconda formazione yoga.

Io mi sono lanciata in questa esperienza e, da quest’anno, non solo sto insegnando Feldenkrais dentro la formazione, ma sto facendo il percorso per diventare insegnante di yoga a mia volta, insieme a te. Tutto questo è una grande onore per me.

Io e te abbiamo cominciato a collaborare perché il mio desiderio fondamentale principale in questo momento è quello di diffondere il più possibile quello in cui credo: le discipline del corpo e della consapevolezza.

Quindi abbiamo iniziato questo dialogo che sono curiosa di vedere dove ci porterà, sei il mio collegamento con la tecnologia.

Perché io nel corpo sono a mio agio, quando sono invece nei social e in altre situazioni più virtuali, sono meno a mio agio. Però ci provo e sicuramente sarà per me una nuova esperienza di consapevolezza.

La Forza della condivisione

La Forza

Alessandro

Di certo è un modo diverso di fare comunicazione ma è foriero di innumerevoli spunti e quindi ci divertiremo, anche se a volte a volte può essere spiazzante.

Questa sera per esempio entriamo nella parte più divertente. Perché per me è bellissimo il fatto che ci siano 5 persone connesse che stanno guardando in diretta quello che noi stiamo dicendo. Paola Gontero che ti saluta, la carissima Anna Laura e anche Rosa Mou.

Giulia

E’ una realtà che conoscevo per aver visto altri ma non avrei mai pensato di entrarci dentro, quindi grazie per questo.

Alessandro

Grazie anche a te.

Faccio una piccola parentesi e la condivido anche con con gli altri, te lo sai già.

Per me è particolarmente piacevole questa collaborazione con te perché io provengo dal mondo olistico e il mio interessamento verso la comunicazione online e il marketing e per un po’ anche per le vendite, è dovuta a una specie di esame di coscienza che mi sono fatto, rispetto a progetti imprenditoriali passati legati al mondo olistico, che non sono andati tanto bene.

E allora mi sono messo a studiare queste cose e in qualche modo , attraverso questa collaborazione, ho l’occasione di reintegrare e riscattare anche questo bagaglio del passato, di rimetterlo a frutto.

Quindi per me è una collaborazione piacevole ed emozionante allo stesso tempo.

Giulia e Alessandro

Assolutamente sì. Ci lanciamo!

Business Design e Business Model Canvas

Business Design e Business Model Canvas

Ciao e benvenuto sul canale “il valore relazionale”. Io sono Alessandro e oggi ti parlo del “modello di business”.

Cos’è il Business Model Canvas?

È il modo in cui è strutturato il “fare affari”. È l’insieme delle relazioni che lo sorreggono e anche l’insieme delle dinamiche che caratterizzano quelle relazioni.

Riassumendo: il modello di business di qualcuno, è il suo modo di fare affari!

Quindi, tutte le persone che fanno affari hanno un modo, un modello di business.

Ma cosa fa la differenza tra un modello di business frustrante e uno che da soddisfazioni?

Facile: il modo in cui è strutturato.

E come si struttura un modello di business che da soddisfazioni?

Non c’è un unico modo per farlo. Però esiste almeno un metodo collaudato. Quello del Business Model Canvas ideato da Tim Clark e collaboratori.

A mio giudizio è uno strumento semplice e versatile, che può essere usato sia dall’azienda, sia dal dipendente, sia dal singolo professionista.

Proprio a causa della sua versatilità, attorno alla sua semplicità ha preso vita tutto un mercato editoriale, fatto di casi studio e declinazioni d’impiego più specifiche.

Solo 9 domande per 9 cardini del “fare affari”

Ma il nucleo essenziale di questo canvas, sono solo 9 domande che aiutano a individuare 9 punti cardine che devono essere ben definiti, in un modello di business che da soddisfazioni.

E quelle 9 domande sono:

  1. Chi sei e cosa hai da dare?
  2. Cosa fai, quali azioni svolgi?
  3. A chi sei utile?
  4. Come gli sei utile?
  5. Come ti fai conoscere e gli trasferisci valore?
  6. Come interagisci?
  7. Chi ti aiuta?
  8. Cosa ottieni?
  9. Cosa dai?

Esse consentono di fare una fotografia della situazione attuale, e di individuare le aree di intervento.

Se parliamo di interventi sul modello di business personale va da sé. che non è fatto per rimanere uguale a sé stesso, ma per essere aggiornato nel tempo, in seguito sia a piani di azione, scanditi da tempi ben definiti, sia da adeguamenti rispetto al mercato.

Caso Studio

Per esempio:

Mi è capitato di proporre la compilazione di questo canvas ad un imprenditore che intendeva dedicarsi a un nuovo segmento di mercato e scalarlo.

Nella compilazione del Canvas si sono evidenziate 2 criticità fondamentali:

La prima riguardava l’assenza di un partner commerciale in grado di fornire il giusto supporto.

La seconda, e niente affatto in ordine di priorità, riguardava il fatto che aveva inserito alcuni soci alla voce dei costi.

Perché questo rappresentava un problema strategico?

Perché se ti manca un partner commerciale, cominci a cercarlo e prima o poi lo trovi. Ma se hai dei soci che ti prosciugano le energie, hai un problema al nucleo fondamentale dell’azienda.

E se per quel problema non fai dei piani di azione, per giungere velocemente a una soluzione, il problema rimane.

Rimanendo genera frizione nei processi aziendali e la frizione impedisce di scalare la fetta di mercato scelta, in tempi profittevoli.

Detta semplice: perdi fatturato! Detta semplice ma più completa: se non poni dei limiti, anche temporali, ai tuoi problemi e ai tuoi piani di azione, essi si prenderanno tutta la tua vita.

Non è sfiga, è un autodisciplina non allenata adeguatamente.

È il scegliere di non scegliere, il “lasciar stare il can che dorme”, è l’illusione di quieto vivere e il mancato investimento sulle PROPRIE ABILITÀ COMUNICATIVE.

E’ il rifiuto del conflitto che a lungo andare diventa vocazione all’irrisolto. E il grosso effetto collaterale della vocazione all’irrisolto è che ha bisogno di capri espiatori per mandare avanti se stessa!

Prevenire la vocazione all’irrisolto

Per risolvere queste stasi invece occorre coltivare la vocazione alla visione d’insieme e all’azione specifica!

E se proprio ti trovi col margine di manovra ridotto, puoi sempre investire sul migliorare il tuo modello comunicativo personale.

Li, c’è sempre margine di manovra e se ti occorrono degli spunti, nel canale trovi dei video sulla comunicazione empatica e sulla segmentazione.

Potresti anche scegliere di iscriverti e accendere la campanellina per restare sul pezzo. O di mettere qualche like.

Gli strumenti ci sono. Ora sta a te!

Comunicazione Empatica e Risoluzione Creativa dei Conflitti

Comunicazione Empatica

Ciao sono Alessandro e ti do il benvenuto a Il Valore Relazionale.Se i miei video ti piacciono, iscrizioni, campanelle e commenti sensati sono cose che mi aiutano.

La Sfida del Facilitatore

Ma entriamo subito nel vivo con un racconto.

Sono il facilitatore in una trattativa on-line e il mio compito è quello di incrementare il livello di fiducia tra le parti che sono così composte:

  • Due aziende che schierano cadauna un responsabile amministrativo e un tecnico-commerciale, da un lato.
  • Dall’altro lato il già cliente di una delle due aziende, in odore di essere ri-contrattualizzato per una estensione sui lavori precedenti.

Se la trattativa andrà a buon fine, le due aziende costituiranno un’associazione temporanea d’impresa, per fornire al cliente del valore che non potrebbero fornire singolarmente.

Il lavoro di squadra da i suoi frutti, quindi il cliente chiede di procedere alla formalizzazione dell’offerta commerciale. Ci saluta e si scollega.

Rimango collegato con i 4 esponenti delle due aziende per chiarire alcuni passaggi.

Il Segno Premonitore

È qui che l’amministrativo dell’azienda che ha la “paternità” sul cliente finale, chiede a quello della controparte di fornirgli la bozza del contratto. Ma non subito, che è la prima settimana di Agosto e lui ha bisogno di staccare.

lo chiedo: “non sarebbe meglio ricevere subito la bozza di contratto, così nel mentre che tu stacchi, la prende in considerazione qualcun altro”?

Mi risponde di no, che è Agosto per tutti e che è meglio così. Imperativo categorico!

Io penso “sticazzi”, dal mio punto di vista non è meglio neanche per te, ma forse è proprio questo il segnale che hai davvero bisogno di staccare.

Arriva settembre, io e i tecnici commerciali lavoriamo in sinergia e otteniamo ulteriore fiducia dal cliente.

Un bel giorno quest’ultimo ci dice “sì, portatemi il contratto che lo firmo e si comincia!

Lo svelarsi del difficilitatore

E quando con gioia, chiamiamo l’amministrativo che tiene il cliente in “pancia” per dargli la notizia, lui ci dice “Quale contratto! Sono 2 mesi che l’aspetto”!

“Scusami carissimo”, dico io, “aiutami a capire. Cosa intendi dire, di preciso, quando mi dici che sono due mesi che aspetti il contratto”?

“Eh intendo dire che l’altra azienda ha talmente tanta considerazione di noi che non me l’hanno mai inviato! Mi sento offeso per questo”.

“Ah ti senti offeso! Mi dispiace!” Dico io” ma allora li avrai sollecitati! E a me è sfuggito un pezzo della storia forse. Mi aggiorni”?

“No no, non è successo niente, è proprio questo il problema. Ma perché mai avrei dovuto sollecitarli se avevamo già preso un accordo! È una questione di rispetto”!

La Riformulazione della Questione di Rispetto

“Guarda caro, sul fatto che sia una questione di rispetto sono pienamente d’accordo. Per questo ho bisogno che mi aiuti a verificare se ho capito bene.

E quindi azzardo una riformulazione

Mi stai dicendo che tu, pienamente conscio del buon procedere della trattativa, perché ci partecipa anche un tuo commerciale, e per ben 2 mesi filati, hai evitato qualsiasi follow-up su un documento, che tu stesso avevi bisogno di revisionare, perché utile a ricontrattualizzare un tuo cliente?

Dall’altra parte 5 secondi di silenzio e poi… esce il genio:

“Che cazzo è un follow-up”!

La Tentazione del Giudizio di Valore

E io mi immagino parte di voi in ascolto a pensare “Che razza di incompetente questo amministrativo!” E vi capisco perfettamente perché dentro la mia testa volavano definizioni ed esortazioni molto più forbite.

Però immagino anche un’altra parte di voi, quella con un po’ più di esperienza sul campo, ad annuire con la testa, fra il paziente e il rassegnato.

Perché nel mondo reale, quello che per lo più è tenuto fuori dai profili LinkedIn, accade questo ed altro con le persone. Accade questo ed altro coi professionisti!

E quindi il buon esito di un lavoro ligio ed accurato, svolto a più mani, è messo a repentaglio dall’attivarsi improvviso di un bamboccione mai cresciuto, nascosto dentro a un singolo professionista.

Succede più spesso di quanto siamo disposti ad ammettere!

Trucchetto per Evitare Scivoloni

Infatti un mio amico che fa formazione in ambito aziendale mi ha detto una cosa domenica scorsa:

“non lasciarti ingannare dall’aspetto, dalle responsabilità o dalla posizione sociale di una persona … sotto sotto, siamo tutti bambini”.

Ed è una cosa molto utile da ricordare, perché se te la dimentichi, e cominci a pretendere che le persone si comportino in maniera congrua all’immagine che danno di sé stessi, congrua alle tue aspettative, rischi di esprimere dei giudizi.

E siccome i giudizi sono i killer della relazione empatica e la relazione empatica è fondamentale per risolvere i conflitti, sarebbe bene evitare di esprimere giudizi.

Quindi astenersi dell’ esprimere giudizi è il primo passo per resistere al vortice delle recriminazioni, delle accuse, della competizione fra torto e ragione.

Insomma astenersi dai giudizi è fondamentale per evitare di mandare tutto in vacca, quando si presentano dei conflitti.

Il Ruolo Cruciale Delle Emozioni

È semplice ma non è facile. Perché per avere successo nella comunicazione empatica, non possiamo reprimere le nostre stesse emozioni.

Non possiamo reprimere la rabbia. Dobbiamo metterla in gioco in modo costruttivo.

Per fare questo servono delle competenze che vanno allenate.

Per esempio

“Senti. Mi aiuti a capire in che modo, dal tuo punto di vista, questa tua astensione dal fare solleciti, dal chiamare, dallo scrivere mail, dal comunicarci come stavi vivendo questa “mancata ricezione”…

…Ecco com’è che questo tuo strategico “non-fare” sta contribuendo a restituire valore e quindi rispetto al cliente e al lavoro dei vari commerciali coinvolti… compreso il tuo”?

“Ma… È che io, da un’azienda così strutturata mi aspetto una puntualità più rigorosa”!

Benissimo! Hai chiesto gentilmente a quell’ azienda se è disposta a soddisfare questa tua aspettativa?

“No che non gliel’ho chiesto perché mi sembra una cosa ovvia!, Che domande sono”!

“Cosa significa ovvia, che ti sarebbe dovuta? E se loro non la vedessero come te, preferiresti trovare un punto d’incontro o preferisci rinunciare a un contratto che praticamente è già chiuso!

Guarda, ai miei occhi questa cosa somiglia a quella squadra di calcio che sta vincendo 7 a 0, ma rischia di annullare la partita linciando l’arbitro che non ha fischiato un fallo di mano.

È una visione che mi procura della rabbia e della frustrazione.

E quindi ti chiedo di perdonami l’impeto e di ascoltarmi fino a quando avrò finito!

Io ho bisogno che la squadra di lavoro di cui anche tu fai parte, riduca la sua reattività in favore della sua proattività, in modo che tutti guadagnino più soldi, e più serenità.

In funzione di questo, ti chiedo di astenerti da ogni forma di recriminazione verso chiunque e di focalizzarti sul segnalare ogni potenziale ritardo critico, che possa interferire con la scorrevole contrattualizzazione dei clienti.

Laddove segnalare è ben diverso da incolpare !

Si capisce cosa ho chiesto?

Si.

Benissimo. Ho anche bisogno che mi aiuti a elaborare il contratto a tempo record, per cui ti chiedo di fare tutto quello che puoi, per fare in modo di avere in mano un contratto sottoscrivibile dalle parti entro lunedi prossimo.

Con particolare cura a chiedere tempestivamente aiuto per qualsiasi fase del processo tu abbia anche un vago sentore che rischi di sforare la data prestabilita.

Sei disposto a farlo?

Si va bene!

Ti ringrazio per questo!

C’è qualche punto delle mie richieste che desideri ti spieghi meglio?

No è tutto chiaro!

Posso fare io qualcosa per aiutare il tuo lavoro?

Esempio e mancanza di esempio

E così sia la relazione costruttiva che il contratto restano in gioco. Senza contare che ho espresso una modalità relazionale che può servirgli da esempio.

Perché è l’esempio che manca. Significa che i modelli trasmessi dalla famiglia di appartenenza prima, e quelli della scuola poi, non hanno contribuito adeguatamente a far propria una modalità relazionale pulita.

Ed ecco che questa tossicità relazionale si riflette anche nei rapporti lavorativi ed economici.

Ed è quindi plausibile che finisca per condizionare tutta la società.

La Soluzione di Base

Ma la soluzione è semplice e si chiam asoluzione creativa dei conflitti.

Basta rispondere a 4 domande:

Cosa osservi fenomenologicamente?

La parola “fenomenologicamente” ti ricorda che serve un dato oggettivo per evitare un giudizio.

Come ti senti a riguardo, che emozioni provi?

Quindi di cosa hai bisogno?

Allora cosa chiedi di specifico?

Ad esempio:

“pronto signor Tizio. Buongiorno sono Caio. Senta, son tornato dalle ferie e sto controllando la mail. Noto che non è ancora arrivata la bozza del contratto.

Osservazione fenomenologica.

Mi sento un pò in ansia riguardo alle fasi di negoziazione delle clausole e avrei bisogno di mettermi al lavoro al più presto su questo tema.

Sensazioni, emozioni e bisogni.

Riuscirebbe a mandarmele in mattinata per cortesia?

Richiesta specifica.

È uno schema col quale si diventa sempre più bravi, mano a mano che ci si esercita.

E viene voglia di esercitarsi, perché da risultati.

Perché non provi anche tu e poi mi fai sapere come ti trovi ?

Grazie per la tua attenzione!

Neuromarketing #1– Davvero?

Introduzione

Benvenuto sul canale, IL VALORE RELAZIONALE.Io sono Alessandro e oggi parleremo di neuromarketing e segmentazione.

Neuromarketing e  Segmentazione

Una strana richiesta

La settimana scorsa mi contatta un membro della mia rete su Linkedin. È un competitor per il quale nutro una certa stima.Mi invia un link a un post e mi chiede un parere. Ne sono onorato.La tesi del post è che” il neuromarketing è tutto tranne che manipolazione”.Un titolo che somiglia a un militare tedesco a inizio anni 50, in visita a una sinagoga:”Molto piacere. Mi chiamo Hans. Sono tedesco.Faccio il militare da 15 anni e non sono nazista!Nein, nein, nein, nein”!

Un articolo dozzinale

Ti riassumo l’articolo per essere più chiaro!”Il neuromarketing è ricerca, conoscenza e cosa buona e giusta.Se anche tu, come la grande azienda A o l’istituzione famosa B, ti rivolgi a un’ agenzia C, capace di applicare il neuromarketing alle tue campagne, ottieni più risultati, e cambiamenti positivi nella società.Una certa fetta della società sarà quindi più propensa ad identificarsi nei valori del tuo brand.E questa non è manipolazione. Nein! nein! nein! nein!Si capisce meglio cosa intendo?Dire una cosa è un conto, comunicarla è un altro!Ci fosse stato un caso studio almeno!

Il didascalismo moralista di un copy scadente.

Parafrasando Robert Mckee:

Quando la tua premessa è un’idea che senti di dover dimostrare al mondo e progetti la storia come se dovesse essere la irrefutabile certificazione di quell’idea, stai già rischiando di diventare didascalico.Perché nel tuo zelo di persuadere, soffocherai la voce dell’Altra Parte.Abusando dell’arte per predicare quindi il tuo copy diventerà una tesi, un sermone vagamente mascherato, in cui tenti di convertire il mondo.Questo nasce dall’entusiasmo ingenuo di credere che la narrazione possa essere usata come un bisturi, per asportare i mali della società.

Nel mio lavoro anche io mi occupo di marketing e non ho nessun problema ad affermare che tutto il marketing è manipolazione.E che cos’è che tutto il marketing manipola?Ma la propensione all’acquisto dei possibili clienti. Può farlo direttamente o indirettamente, ma lo fa!O c’è qualcuno che sgancerebbe fior di quattrini per una campagna che non serve a nulla?Quando agisci su una cosa per modificarla da com’è, la manipoli. Punto.Senza dare accezioni né positive né negative al termine manipolazione.Però è vero anche che io scelgo il come, scelgo lo stile con cui favorire questo cambiamento.Posso scegliere di farlo senza che il potenziale cliente lo sappia!Oppure posso coinvolgerlo e chiedergli il permesso!

“Ah, dici che il marketing è manipolazione! Beh in un certo senso è vero!Possiamo avere uno scambio sincero a riguardo! M’interessa il tuo punto di vista!Cosè che ti fa dire cosi del marketing”?

Se faccio così potrei avere la fortuna di una critica motivata, quindi preziosa, come quella fatta da MoreThanTech nel video qui sotto:

È quello che ti può accadere quando evolvi la tua comunicazione a una forma di relazione e perciò la costruisci rinunciando a monte, al vizio di forzare le idee dell’Altro.

Comunicare per relazionarsi – Non comunicazione fine a sé stessa

La relazione con il tuo cliente diventa il luogo in cui le idee di entrambi trovano spazio, evolvono.Non perché una uccide l’altra, ma perché l’una nutre l’altra.Le convinzioni rigide del cliente non nascono necessariamente da un’ignoranza da colmare con la didattica.Nascono dalla consapevolezza che le buone intenzioni di Einstein non hanno impedito gli sganci delle atomiche su Hiroshima e Nagasaki.E lui era Einstein.Nascono dal fatto che le belle parole di Zuckerberg non hanno riparato i danni di Cambridge Analytica!Qualcuno capace di sostenere che li il Neuromarketing non c’entrava?Nascono dal fatto che ogni giorno registriamo una mole schiacciante di cambiamenti legati alle tecnologie di profilazione che rendono il problema del potere della manipolazione sociale, molto sentito! Soprattutto se è esercitato in funzione degli inserzionisti!Talmente sentito che NETFLIX ha inserito un documentario apposito nel suo palinsesto: “THE SOCIAL DILEMMA”.E se lo ha fatto NETFLIX dovrebbe essere chiaro che, negare l’esistenza della manipolazione, intrinsecamente al marketing, non ha senso neanche dal punto di vista del marketing stesso.Mi sembra lapalissiano, ma se proprio uno vuole negare…allora: nein, nein, nein, nein!

Riassumendo quindi, dal mio punto di vista:

il marketing è manipolazione della propensione all’acquisto, e negarlo è controproducente!E perché è controproducente?Perché la negazione conduce a falsi assunti sulla realtà!E se io interpreto i dati raccolti attraverso dei falsi assunti, realizzo una segmentazione della clientela totalmente inadeguata.Le etichette e i tag non corrisponderanno davvero alle caratteristiche del cliente.La conseguenza di ciò sarà l’invio di comunicazioni sbagliate al cliente sbagliato, al momento sbagliato.È il brand depositioning.

Per esempio. Quando ho spiegato a questo mio competitor che, dal momento che non avevo trovato interessante quel post, non pensavo di essere il target giusto per quel contenuto, lui ne ha ricavato che io sarei una persona contraria alla dipendenza da agenzie e sempre favorevole all’autonomia.E si è premurato di rassicurarmi circa il fatto che hanno in calendario contenuti utili anche per persone come me.

Come me!

<p “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Peccato che io non ho proprio niente in contrario all’affidarsi a un’agenzia o a un professionista!Sono io stesso un professionista del settore!Mi ha categorizzato attraverso un falso assunto! E mi arriveranno ancora comunicazioni per me noiose ed inutili!

    <li “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Ma allora… Perché non me lo ha chiesto? <li “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Perché non ha verificato se aveva capito bene, prima di porsi nei mie confronti come se davvero io corrispondessi al tag che lui mi ha assegnato? <li “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>È così che funziona la sua segmentazione? <li “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>È così che il suo neuromarketing dovrebbe condurre a risultati rilevanti? <li “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Ma secondo te che mi stai ascoltando, perché i bravi venditori e negoziatori si prendono la briga di riformulare, a parole proprie, quello che i clienti dicono?

<p “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Ad esempio: <blockquote “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>

“Mi sembra di capire che preferisci l’autonomia alla delega all’agenzia. È corretto”?

<p “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Lo fanno perché, se io, possibile cliente, ho la sensazione che il professionista mi abbia inserito in una categoria merceologica in cui non mi riconosco, mi viene naturale sospettare che parli di neuromarketing solo perché è una parola che sto mese è su Google Trend!E se è vero che, come dice, sta analizzando la mia risposta neurale:

    <li “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Com’è che sembra non ricevere i miei segnali di perplessità? <li “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Che valore mi arriva dai suoi messaggi? Quello che può darmi col suo lavoro o quello che vuole ottenere con nuovi ingaggi?

<p “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Si capisce quello che intendo? Me lo fai sapere nei commenti per cortesia?Io lo capisco che la frenesia porta a fare errori anche ai migliori. Però temo che stiamo smarrendo i fondamentali. <h3 “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Recuperare i fondamentali della relazione <p “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>La frenesia da conversione non dovrebbe menomare l’ABC della relazione, allo scopo di compiacere le richieste implicite di un algoritmo.Quando si scrive un messaggio privato a qualcuno su LinkedIn non sarebbe meglio chiedersi:

  • perché sto contattando questa persona?
  • Apprezzo davvero quello che fa, penso davvero di potergli essere utile, o sto solo cercando qualche like e qualche visualizzazione in più?

<p “=”” style=”text-align: left;”Io ho notato una cosa:brbrPoiché il marketing usa le parole in base alla loro popolarità, per ottenere conversioni, finisce spessissimo con l’inflazionare se stesso e le parole che usa.brbrQuindi finisce spesso col parlare di tutto e di niente!brbrLo avete visto il mio video sulla a href=”https://backupilvalorerelazionale.local/2021/07/05/breve-storia-del-marketing/” target=”_blank” style=”outline: none;”storia del marketing/a?brbrQuante volte la pubblicità ha dovuto rivoluzionarsi perché era diventata l’esagerazione di sé stessa?/p/divdiv style=”padding-top: 1px !important;”h3Allora facciamo un altro piccolo riassunto:/h3pspan style=”color: var(–tcb-skin-color-4);”Dal mio punto di vista il marketing è manipolazione della propensione all’acquisto. E riconoscerlo è importante:/span/pullispan style=”color: var(–tcb-skin-color-4);”per evitare banali errori di segmentazione della clientela;/span/lilispan style=”color: var(–tcb-skin-color-4);”per prevenire comunicazioni inefficaci;/span/lilispan style=”color: var(–tcb-skin-color-4);”per produrre davvero contenuti di valore per il possibile cliente!/span/li/ul/divdivp “=”” style=”text-align: left;”>Come dice Montemagno in un recente video: <blockquote “=”” =””=”” style=”text-align: left;”molto spesso non è questione di ingredienti magici, ma di girare lo sguardo nella direzione giusta!/blockquotep “=”” =””=”” style=”text-align: left;”>

E se ti occupi di ricerca di clienti e di segmentazione, è molto probabile che la direzione giusta sia smettere di voler sembrare, per forza, un figo nelle neuro scienze.Io credo che alzare l’asticella in questo settore, passi anche da qui. Tu no?

Cos’è il Marketing di Posizionamento #10 – Conclusioni

Cos’è il posizionamento

Ciao e benvenuto a Il Valore Relazionale. Io sono Alessandro e questo è il video conclusivo della playlist dedicata a “Positioning”.Positioning è un testo di riferimento in tema di marketing del posizionamento.E il posizionamento è una forma di propaganda che aiuta i brand a occupare, conquistare, una posizione specifica, dentro la mente del potenziale cliente.Proprio come se la mente fosse un territorio.

Meccanismi di difesa

Insomma, un fenomeno dal quale mi viene istintivo difendermi, perché, per gestire la mia attività, non ho bisogno di occupanti.Ci sono già abbastanza sfide la fuori, che mi troveranno anche senza che io mi vada a cercare degli intrusi.

I veri bisogni delle persone

Di cosa ho bisogno invece?

Di alleati, di sinergia e supporto. Ho bisogno di chi si colloca al mio fianco, per remare nella mia stessa direzione.Anche tu? Allora questo video è utile anche a te!Sinergia e supporto è quello che chiedo ai miei fornitori e anche quello che sono disposto a dare ai miei clienti.Per questo motivo, se potessi chiedere qualcosa al brand positioning in persona,gli chiederei di assumere la sua posizione nella mia mente domandando permesso,e di sistemarsi in maniera funzionale alla crescita della mia attività, oltre che della sua.Quello che gli chiederei è reciprocità.

Il modello prevaricante

Una comunicazione prevaricante può infatti portare a risultati incredibilmente veloci in termini di vendite, ma perde valore sul piano della relazione e della fiducia.Quindi può funzionare solo sul breve periodo.In ogni caso, io non sono il cliente giusto né il fornitore giusto, per chi assume quel tipo di comunicazione.Non voglio essere trattato come Pavlov faceva con i suoi cani. E non voglio essere un Pavlov per i miei clienti.Se individuo una vulnerabilità in un potenziale cliente, preferisco aiutarlo a rinforzarsi che usarla a suo discapito.Con il suo permesso e con un adeguato compenso naturalmente!

Caso Studio

Qualche settimana fa, ad esempio, ho assistito un mio cliente in un incontro con un suo possibile fornitore.

Situazione iniziale

La possibile azienda fornitrice è nata come la maggior parte delle aziende italiane.Un dipendente di un’azienda consolidata che si licenzia e coinvolge amici e parenti in un’avventura commerciale atta a fronteggiare l’ex datore di lavoro.

Incidenti di percorso

Un faccia a faccia, un duello combattuto con lo stesso identico prodotto, e qualche miglioria tecnica.Ma, la nuova azienda, si è data un nome che corrisponde a quello di un film molto ricercato su Google.E così facendo ha spedito il proprio sito alla terza o quarta pagina dei risultati di ricerca.Si è dotata di prezzi in linea con quelli dei suoi competitors, ma senza offrire nulla in termini di garanzie e servizi post vendita.È oggetto di un attacco legale da parte del vecchio datore di lavoro di uno dei soci fondatori!E il nome del prodotto di punta è lo stesso di un noto fashion brand, ma modificato di una vocale!Questa azienda è convintissima che investire sulle migliorie tecniche sacrificando il marketing sia sinonimo di “avere i piedi per terra”.

Ripercussioni sul modo di intendere i rapporti

I suoi responsabili non hanno minimamente sospettato che la conversazione che ho intavolato riguardo al marketing, non era atta a vendergli i miei servizi.La mia conversazione aveva lo scopo di far emergere le ragioni per le quali il mio cliente avrebbe dovuto preferire il loro prodotto a quello di aziende consolidate.O a far emergere eventuali ragioni per le quali star loro commercialmente alla larga.Ma io non stavo cercando di fargliela sotto al naso.Io stavo cercando di spostare la modalità di conversazione oltre il binomio “io vinco tu perdi” , oltre la conflittualità “torto-ragione’.’In sostanza io gli stavo chiedendo: “Perché il mio cliente dovrebbe scegliere te e il tuo prodotto”?

Vittorie di Pirro

È stato tragico e divertente allo stesso tempo, osservare una di queste persone rispondere,scrivendo su un foglietto la parola “PREMATURO”, e passarlo al mio assistito, facendolo scorrere sul tavolo.Senza rendersi minimamente conto di avere appena qualificato il suo stesso modello di business.Me lo ricorderò per sempre!

Il Business e il senso del tragicomico

È stato come guardare un pistolero alla Clint Eastwood, estrarre l’arma, spararsi negli attributi, soffiare sulla fumante e dirigersi fiero di sé verso il tramonto, sulle note di Ennio Morricone.Certo che mi dispiace per il suo dolore, ma ci vedo anche del comico nella boria e nello scrupolo con cui un uomo costruisce la sua stessa caricatura.E a proposito di fallimenti, io in questo caso non sono riuscito a comunicare a queste persone il valore della mia disponibilità, e neanche quello di un marketing più accorto.Ma la mia priorità era rendere servizio al mio già cliente, che mi ha ringraziato tantissimo per averlo aiutato ad evitare le seccature cui sarebbe andato incontro stringendo affari con loro.Mi sarebbe piaciuto di più essere d’aiuto anche ai suoi possibili fornitori.Ma ho espresso disponibilità, dato loro valore, attraverso dei suggerimenti gratuiti e chiesto permesso di agire in sinergia.Loro hanno rifiutato, anche se il prodotto in vendita era il loro, non il mio.

Il profondo rispetto per l’autolesionismo altrui

È un fatto che io ho scelto di rispettare per quello che è.Perché come è fastidioso che altri occupino la tua casa senza il tuo consenso, così vale anche per l’occupazione della tua mente!È lo stesso motivo per cui si finisce col detestare i tormentoni estivi! Ti entrano nella testa senza chiedere permesso!E allora è controproducente fare fatica solo per farsi detestare. A quel punto meglio porgere saluti e ringraziare.Forse è un muro incrollabile, forse è solo il momento sbagliato.

La rilevanza sacra del chiedere permesso

In ogni caso il modo in cui ottieni il consenso di occupare la mente del cliente stabilmente, definisce il tuo stile di comunicazione.Solo se hai chiesto permesso e lo hai ottenuto, puoi mirare allo sviluppo di uno stile di relazione sano.Se invece la tua comunicazione è pretestuosa, se ti atteggi a cowboy del business, allora ti sei convinto di poter vincere sempre, il che è già sintomo di una strategia sbagliata.

Perché scegliere con chi si e con chi no.

Non è sano fare affari con tutti. E’ sano imparare a scegliere.Diversamente ti attirerai le reazioni di chiusura, diffidenza e insofferenza dei tuoi clienti e fornitori, per accorgerti un giorno di esserti impantanato nell’anonimo e freddo brusio dell’opportunismo.Gagliardo eh!

Cos’è il Marketing di Posizionamento #9 – Naming

Ciao io sono Ale e benvenuto sul canale “il valore relazionale”. In questo video approfondiremo la visione dei Reis e Trough sul posizionamento dei brand.

Niente sigle e acronimi

Se hai bisogno di trovare un nome al tuo prodotto o servizio meglio usare parole descrittive di uso comune. Spruzza e lava per esempio. meglio evitare sigle e acronimi e se proprio deve usarli tieni conto che le persone li adotteranno solo in presenza di un vantaggio fonetico.

Vantaggio Fonetico

Ad esempio Los Angeles diventa facilmente L.A. perché il numero di sillabe si riduce a 2 partendo da 4.  New York ne ha già di due sillabe perciò non diventa N.Y. Rimane New York.

L’economia sul numero di sillabe conta perché la mente funziona un pochino a orecchio. Quindi per pronunciare una parola traduciamo prima le lettere in suoni.

Il Ribaltamento

Se qualche concorrente prova ad accaparrarsi le parole che ti servono per descrivere il tuo prodotto, allora ti sarà utile affinare l’arte del ribaltamento.

Per esempio:

equo per il commercio ma iniquo per il consumatore!

Parleremo del ribaltamento in modo ampio in appositi video dove Reis e Through non centreranno più niente.

Nomi Specifici

Meglio usare nomi specifici dedicati ed esclusivi. Se il prodotto riguarda una nuova categoria vale il principio scala nuova nome nuovo. Punto.

Vuol dire che un nome non può rappresentare due prodotti distinti nella stessa categoria. Quando lo fa, all’aumentare delle vendite di uno di questi prodotti gli altri ne perdono, perché più prodotti sono collegati al nome, meno questo diventa significativo per il consumatore medio.

L’anonimato e la posizione mentale

Evitare di sprecare l’anonimato in una cattiva pubblicità. Quando ti rapporti ai media vecchi e nuovi tieni bene a mente l’obiettivo. Non si tratta della pubblicità o della comunicazione fine a se stessa, ma conquistare un posto da te prestabilito nella mente del potenziale cliente!

Cosa significa possedere una posizione nella mente? Significa che il nome che hai scelto per il tuo marchio diventa un surrogato, un sostituto della categoria a cui appartiene.

Hai caricato l’Hilti? Passami il Vape per favore!

Solo nominando i rispettivi marchi in una conversazione, l’interlocutore capisce che c’è bisogno di un trapano o di un anti zanzare.  Meglio il posizionamento è stato svolto, più spesso avviene questa sostituzione.

Quando il tuo marchio specifico diventa il sinonimo della categoria a cui appartiene nella mente dei potenziali clienti puoi concederti il lusso di ignorare il tuo marchio e promuovere l’intera categoria.

Con i dovuti accorgimenti però. Ti rimando ai video su Ibm e Coca Cola di qualche mese fa.

L’attaccapanni delle caratteristiche

Potrebbe essere utile specificare che quello che entra nella mente non è il prodotto ma il suo nome. Come se fosse un gancio a cui il cliente ha appeso determinate caratteristiche.

Vuol dire che, se in nome della batteria dell’automobile è Duracell, e l’azienda che le produce ti dice che dura di più, ai un gancio a cui collegare l’idea della lunga durata.

Ma se il nome sulla batteria è Menegoldo batterie e il produttore ti dice che non ha bisogno di acqua, che gancio c’è a cui collegare questa caratteristica? Non c’è.

La chiave per la mente

Quindi metaforicamente parlando. il nome è una chiave per la mente. Se la chiave giusta il prodotto entra, apre la porta e ottiene pure la residenza.

La trappola dell’estensione di linea

Più prodotti sono collegati allo stesso nome, meno questo questo nome diventa significativo per il consumatore medio.

E’ più facile da dimenticare perché non ha una posizione indipendente dentro la mente e diventa solo uno dei satelliti del marchio originale.

Prendiamo uno spot ad esempio:

in America – dice la pubblicità – formaggio si scrive K.R.A.F.T. Si a volte il marketing è come le corse dei cavalli: in una gara alla reclame può vincere il meno peggio.

Kraft ha avuto successo con il formaggio perché non ha avuto concorrenti rilevanti a gareggiare.

In una situazione simile puoi permetterti di dare lo stesso nome a più prodotti ed ottenere risultati. Però devi essere consapevole che appena arriveranno dei concorrenti forti sarai nei guai.

C’è uno schema abbastanza comune:

  • al successo prematuro fa seguito l’estensione di linea cioè l’appioppare lo stesso nome ha più prodotti.
  • A questo fa seguito la disillusione, perché un nuovo prodotto è un nuovo concetto, quindi gli serve un nome nuovo e un nuovo posizionamento.

Potrebbe essere utile ricordarsi che un nome funziona come un elastico può estendersi ma solo fino a un certo punto. Inoltre più lo fa e più rischia di rompersi di non assolvere più la sua funzione.

Quindi l’estensione di linea va considerata una trappola, non necessariamente un errore. Essa può funzionare se… Ma è un se variopinto:

  • Se i tuoi concorrenti sono sciocchi.
  • Se il tuo volume d’affari è piccolo.
  • Se non hai concorrenti.
  • Se non ambisci a costruire un posizionamento nella mente del potenziale cliente.
  • Se non investi in pubblicità.

Infatti molti prodotti sono venduti ma solo pochi sono posizionati. Vuol dire che se il cliente vuole una scatola di piselli senza avere una preferenza consolidata per un determinato brand, qualunque marchio noto sarà meglio di uno sconosciuto.

Quindi se lavori per un’azienda che produce migliaia di prodotti di piccola dimensione, non puoi avere un nome nuovo per ognuno di essi.

Sei d’accordo? Trovi riscontro di questo nelle tue attività?

Se ti va scrivi il tuo punto di vista nei commenti. Grazie

Cos’è il Marketing di Posizionamento #8 – Concorrenza

Posizionamento e riposizionamento

Buongiorno e benvenuto su “Il valore relazionale”.Io sono Alessandro Barison e questo video fa parte di una serie che si ispira all’esperienza di lettura del testo Positioning, di Al Reis e Jack Trough.Un classico del marketing.Secondo Al e Jack, dal momento che al giorno d’oggi, per ogni categoria di prodotti, esistono centinaia di varianti, è probabile non trovare una posizione libera, nella mente dei clienti.Per capire meglio di cosa sto parlando considera il numero di marchi esposti in un supermercato medio, 12.000.E poi paragona questa cifra con le parole presenti nel vocabolario medio di un laureato: 8000. 12000 contendenti per 8000 posizioni!Ti è immediatamente evidente che, anche forzando l’idea che sia possibile allocare tutto il vocabolario del laureato medio alla memorizzazione dei marchi del supermercato, c’è una penuria di 4000 posizioni.In altri termini, non c’è spazio, quindi molti brand ritengono necessario spingere fuori dai giochi qualche competitor.Ma come?

Non c’è spazio per riposizionarsi, che fare?

Con degli spintoni che prendono il pacato nome di “riposizionamento della concorrenza”.Per esempio, si racconta in Positioning che nel400 Cristoforo Colombo diceva “Il mondo è rotondo”! “No, non lo è”, diceva la gente all’epoca,” è piatto”.Per convincere il pubblico del contrario, ci sono voluti gli scienziati dissidenti del XV secolo.Questi non si sono rivolti al pubblico con complicate formule matematiche, bensì hanno proposto osservazioni che la gente poteva verificare da sé.I marinai in mare, quando osservano una nave in avvicinamento, non osservano prima le cime degli alberi, poi le vele e poi lo scafo?Perché secondo voi?Se il mondo è piatto, perché i marinai non vedono l’intera nave in una volta sola, ingrandirsi man mano che si avvicina?È una tecnica ben nota ai venditori: “Se lo dico io il cliente potrebbe anche credermi, ma se lo dice lui è vero”.Tuttavia sti advertiser, davvero vogliono farmi credere che Giordano Bruno è bruciato perché non parlava potabile?D’altro canto, ridurre la Storia a propaganda è un po’ il loro mestiere!

Qual’è il punto cardine del riposizionamento della concorrenza?

Resta che, il punto cardine di un programma di riposizionamento della concorrenza, è lo spiazzamento, la squalificazione e in certe epoche l’epurazione di un concetto, di un prodotto o persona esistenti.È dunque innegabile che le tecniche di riposizionamento della concorrenza, abbiano dei risvolti violenti.Prova ne sia la frase di un altro abile pubblicitario, Howard Gossage.Il quale diceva che l’obiettivo della tua pubblicità non dovrebbe essere quello di comunicare con i tuoi potenziali clienti,ma di terrorizzare i copywriters della concorrenza.Un approccio drastico che mi spinge a chiedermi dov’è il confine tra il marketing e la guerra psicologica. Sempre che ne esista veramente uno.

Qual’è il ruolo del conflitto, nel riposizionamento della concorrenza?

Confine o no, con questi atteggiamenti di sfondo si entra a pieno titolo nell’ambito del conflitto, che è una delle più importanti dinamiche della relazione!Una dinamica che chiama in ballo l’etica. Perché il conflitto, se invece di esserecostruttivo e creativo degenera nella distruttività, provoca ripercussioni sociali tendenzialmentebruttine!A proposito!Com’è la temperatura sociale dalle tue parti?Ma quanta ce n’è di accoglienza e convivialità tra persone che hanno perfino idee opposte. Non è Magnifico?

Un paio di casi studio interessanti.

I nostri cari nonni della pubblicità ci offrono lo stesso un paio di casi studio interessanti. Il primo riguarda il riposizionamento dell’aspirina.

“Per i milioni di persone che non dovrebbero

prendere l’aspirina!

Se il tuo stomaco è facilmente sconvolto

… o hai un’ulcera … o soffri di asma,

allergie o anemia da carenza di ferro,

sarebbe opportuno consultare il medico prima

di prendere l’aspirina.

L’aspirina può irritare il rivestimento dello

stomaco,

innescare reazioni asmatiche o allergiche,

causare piccole quantità di sanguinamento

gastrointestinale nascosto.

Fortunatamente, c’è Tylenol”!

Una sessantina di parole, tutte atte a farti provare sensazioni spiacevoli, prima della menzione del prodotto. Prodotto che è la salvezza, l’elemento magico, il sollievo!Una strategia di riposizionamento semplice ed efficace che ha funzionato, visto che il Tylenol, che poi è Tachipirina, si è conquistato il 35% del mercato degli antinfiammatori, all’epoca.Il secondo caso studio riguarda il riposizionamentodelle vodka americane:

“La maggior parte delle vodka americane sembra

russa.

Samovar: Made in Schenley, Pennsylvania!

Smirnoff: Prodotto a Hartford, nel Connecticut!

Wolfschmidt: prodotto a Lawrenceburg, nell’Indiana.

Stolichnaya è diversa.

È russa, Fatta a Leningrado.

Con la regola del 3 questo copy delinea la situazione dei competitor, e con la stoccata finale del marchio eroico, si fa sfoggio diquella sua caratterisica che fionda tutti gli altri nella casta dei minus habens. I pariah di quel mercato.Ma perché esiste la necessità di denigrare e squalificare la concorrenza?Non potevano PepsiCo, gli importatori del marchio Stolichnaya, semplicemente pubblicizzarlo come “vodka russa?”.Si che potevano.Ma agli acquirenti di Vodka americani, cosa gliene calava di dove era fatta la Vodka. Era Vodka! Quando compri liquore controlli il luogo diproduzione?Al massimo leggi gli ingredienti!E poi Samovar, Smirnoff, Wolfschmidt, Popov, Nikolai, fanno supporre un’origine russa.Smontare l’apparenza, rivelare l’illusione dell’ appartenenza russa di queste Vodka ha sancito il successo di Stolichnaya. Non perché i consumatori desiderassero vodka russa!Perché ai consumatori piace associarsi ai vincenti e stare lontani dagli sfigati.Secondo Reis e Trough, una volta che il tuo prodotto finisce in quell’area del cervello dove sono categorizzati gli sfigati, il giocoè finito, perché quello è il cestino del posizionamento.Ed è molto meglio tornare al punto di partenza e ricominciare tutto da capo, con un nuovo prodotto e un nuovo gioco, che cercare diristabilire la situazione precedente.

Possibile prossimo video

In realtà l’intera storia del Tylenol ci dimostra che non è sempre necessariamente così.Se ti interessa un video di approfondimento a riguardo, fammelo sapere nei commenti.A 50 richieste lo faccio.

Saluti

Spero che il video ti abbia dato qualche spunto.Se è così puoi mettere un mi piace e magari iscriverti al canale.A te non costa nulla, a me è utile per migliorare il valore dei miei futuri contenuti.Che ne dici?Grazie in ogni caso.Gagliardo eh!

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