Comunicazioni e Relazioni del Settore Olistico

Comunicazioni e Relazioni dei Professionisti del Settore Olistico

Presentazione

Ciao.

Io sono Alessandro e questo è IL VALORE RELAZIONALE.

Una volta su “il valore relazionale. com” , e adesso su valorel.net, più breve e facile da ricordare.

Oggi, ti parlo di Giampaolo. Che aspira ad essere un operatore olistico, professionista.

Fa massaggi con una tecnica particolare il Giampaolo. Tecnica che ha imparato da un tizio, che dice di averla messa a punto, dopo anni d’intuizioni.

Giampaolo considera questo tizio come suo Maestro. Perciò lo tiene in grande considerazione.

Non solo per quanto riguarda la tecnica di massaggio, ma più come un mentore a 360 gradi.

Però Giampaolo chiede comunque a me, un parere su come impostare la comunicazione sui social.

Perché coi suggerimenti del suo mentore, stavolta proprio non gli riesce di trovare una quadra.

Le domande base per abbozzare la propria comunicazione

Allora io gli chiedo:

  • A chi ti rivolgi di specifico?
  • Ah. Questo massaggio fa bene a chiunque.
  • Ok. E come convinci chiunque a venire a farsi massaggiare da te?
  • Col passaparola!
  • Si ma da chi partiresti, se tu potessi scegliere? Con chi più ti piacerebbe lavorare? Con gli atleti? Con degli artisti forse? Degli attori?
  • Qual’è la categoria di persone a cui ritieni di poter essere più utile?
  • Mi sa che non ci ho mai pensato, in modo così preciso.
  • Bene! Sono contento di averti introdotto a un nuovo percorso logico allora. È bene svilupparlo a puntino, perché una volta definito con chi ti piace lavorare, è utile capire a cosa costui ambisce, da cosa è frustrato e cosa lo spaventa.
  • Poi cercare di rilevare chi e cosa lo influenza, quando prende una decisione importante.
  • E quali sono i suoi valori di riferimento. Perché così ci possiamo immedesimare in lui. Possiamo capire quali convinzioni gli impediscono di accogliere i tuoi messaggi, e lo aiutiamo a metterle in discussione.
  • Ma come? Con una serie di comunicazioni atte a trasformare ciò che, nella sua mente, lo tiene lontano da te.
  • E tali comunicazioni sono assimilabili a tanti piccoli e facili passi, in relazione tra di loro, che piano piano aumentano il livello della sua disponibilità, nei tuoi confronti.
  • Ma mettiamo un attimo da parte questo. Perché non mi racconti, invece, come avevate progettato la promozione tu e il tuo Maestro? Qual era la vostra idea?

E mi racconta che, in sostanza, l’idea del suo Maestro era quella di fornirgli un videomaker di fiducia, per registrarlo, in una video testimonianza, di come il massaggio che Giampaolo pratica gli ha cambiato la vita in positivo.

Quando il disagio è prezioso… è presagio

Giampaolo ci prova, ma si sente a disagio con quel tipo di comunicazione. E forse ne ha ben donde.

Infatti:

  • se Giampaolo è un testimonial a disagio di fronte a una videocamera, allora chi è il beneficiario della testimonianza?
  • È solo timidezza quella che si esprime in quel disagio, di fronte alla telecamera?
  • O c’è anche un presagio di un contesto più ampio, che finora gli è sfuggito?

E infatti poco tempo dopo mi confessa un dubbio:

“Ma il mio Maestro, sostiene la mia realizzazione come dice, o sono io a sostenere la sua, mio malgrado” ?

Domanda sana secondo me!

Perché ti racconto questo?

Perché nella mia attività di facilitatore dello sviluppo di modelli di comunicazione efficaci, è emerso un tema ricorrente, negli ultimi 8 mesi.

Proprio coi professionisti del settore olistico.

Il tema del contrasto!

Tra cosa?

Te lo dico dopo la sigla!

In questo video parlo di un contrasto.

IL CONTRASTO

FRA LE COMUNICAZIONI E LE RELAZIONI

DEI PROFESSIONISTI DEL SETTORE OLISTICO

I quali comunicano, coi loro potenziali clienti.

Mentre coi loro già clienti invece, ci si relazionano.

Le comunicazioni sono unilaterali, e spesso si rivolgono a molti.

Le relazioni invece sono reciproche e per questo sono bilaterali o multilaterali.

Va tenuto conto che, molto spesso, la relazione si instaura tra singoli.

Se non altro perché, se già è complicato gestirla tra singoli, figuriamoci in gruppo.

Ed è proprio questa difficoltà a gestire le relazioni all’interno di un gruppo, che stimola la creazione di altre sottocategorie della relazione.

Altre modalità, altre opzioni possibili.

  • La relazione simmetrica: dove tutti hanno pari livello di autorevolezza.
  • E la relazione asimmetrica, dove c’è qualcuno che ha più autorevolezza di altri.

Allora abbiamo:

  • le relazioni all’interno di un gruppo,
  • Abbiamo la relazione simmetrica,
  • quella asimmetrica,
  • Abbiamo chi nel gruppo ha più autorevolezza e abbiamo chi ne ha di meno…

E Sim Sala Bim, in quattro e quattrotto ci troviamo fra le mani tutti gli ingredienti di una questione di POTERE!

Saper riconoscere il potere

E quindi è un vero peccato che per molti operatori olistici sembra essere difficilissimo, accogliere con sobria responsabilità, il potere conferitogli dal loro ruolo.

Quale ruolo?

Quello di chi si propone ai suoi clienti in qualità di relazione d’aiuto e supporto.

C’è chi ne abusa senza esitazioni, c’è chi nega di avere un potere, e chi unisce le due cose in una sola.

Sono davvero in pochi a riconoscere che si esercita un potere, ogni volta che si agisce nell’ambito, di una relazione d’aiuto.

Perché in pochi si rendono pienamente conto che, dal momento in cui si assume una relazione d’aiuto, si diventa la fonte dei rinforzi, positivi o negativi, delle persone che si rivolgono a noi.

Molti non se la sentono di assumersi questa responsabilità.

Non c’è niente di male, hanno di certo le loro ragioni.

È soltanto che io mi chiedo:

Nel mentre che non trovano la strada verso la loro responsabilità, perché non si dedicano a un lavoro diverso?!

Qualcosa che gli EVITI di avere a che fare con le profondità più intime degli altri?

Sia chiaro!

Il più delle volte queste persone non hanno nessuna intenzione di nuocere, deliberatamente, al loro prossimo.

Sapere cosa ci si aspetta dal proprio lavoro

È solo che non sono coscienti fino in fondo, di cosa si aspettano di ricevere, dall’esercizio del loro lavoro.

Di conseguenza non sono coscienti nemmeno di tutti quei bisogni che stanno dietro a quelle aspettative.

E questa condizione, una volta che entra in gioco in una relazione con un cliente, fa decisamente percepire il suo peso.

Ma non tanto all’operatore olistico, proprio al cliente, che quindi non si sente ascoltato, né capito, e perciò non torna, né passa parola.

E come potrebbe essere altrimenti, in una relazione d’aiuto, in cui i bisogni del cliente sono messi in secondo piano, da quelli del professionista.

Diventa disfunzionale!

Il massimo del risultato è che, il cliente, revisiona sotto una luce più critica, anche le impressioni positive ricevute in passato.

Proprio come Giampaolo col suo Maestro!

Mi è dispiaciuto, constatare una diffusa resistenza, da parte degli operatori olistici, a guardare alla propria proposta commerciale, con gli occhi e soprattutto la mente, dei loro clienti.

A dirla tutta, la resistenza riguarda anche, considerare la propria, una proposta commerciale.

Ma li, gli tocca di cedere in fretta.

Tu vuoi essere pagato o lavorare pro bono?

Perché se ti fai pagare la tua è una proposta commerciale. Anche tu vendessi l’immacolata concezione.

Soprattutto, vendessi l’immacolata concezione.

Empatia e manipolazione

Ma tornando alla riluttanza ad osservare la propria proposta con gli occhi e la mente dei propri potenziali clienti, viene spontaneo chiedersi se queste persone sappiano provare empatia.

Dato che dovrebbe essere requisito fondamentale del loro mestiere.

Sarebbe una semplificazione pensare che non ne siano realmente capaci.

La realtà è più complessa e non posso dirimerla tutta in questo video.

Accenno solo al fatto che empatia e manipolazione sono due poli che si attraggono. E spesso si incontrano nel settore formativo, nei corsi.

E poiché la manipolazione funziona con meccanismi, che sono l’opposto della comunicazione efficace, si verifica un fenomeno curioso e interessante.

  • Poiché gli operatori olistici sono persone tendenzialmente empatiche, che hanno frequentato ambienti formativi per anni.
  • Poiché questi ambienti sono spesso intrisi di aspetti manipolativi, legati alle figure carismatiche che li tengono in piedi, le quali tendono a giustificare la loro realtà con filosofie astratte, esotiche, abbinate a meccanismi di ingroup e outgroup.
  • Allora il momento in cui ci si dedica alla costruzione di una comunicazione efficace, è inevitabilmente il momento dove saltano tanti altarini.
  • Altarini del presente, del passato… e a ben guardare anche quelli del futuro.
  • Dove tocca di mettere in discussione i pattern di comportamento acquisiti senza accorgersene, e perciò non rielaborati fino in fondo.

E se per qualche motivo, per quegli altarini, per quei pattern, si nutre attaccamento, ciò che sará rimandato a data da destinarsi sarà, certamente, la costruzione efficace di una comunicazione efficace.

E no, la mia non è una ripetizione a caso. Perché, se osservi con attenzione, puoi riscontrare da te che esistono frotte di professionisti, impegnati strenuamente, nella costruzione inefficace, di una comunicazione efficace.

L’incongruenza sistemica non è un caso e la dissonanza cognitiva risulta funzionale nelle realtà manipolative.

Per la stessa ragione per cui un lavoro perennemente incompiuto risulta così funzionale nella manipolazione del mercato degli appalti, per fare un parallelismo.

Ma per semplificare basta pensare a cosa succede quando la possibilità di praticare una data tecnica è legata al riconoscimento e alle certificazioni di organizzazioni gestite dai personaggi carismatici suddetti.

Io sono un appassionato di pratiche olistiche sin dall’adolescenza. Pratico cose da oltre 25 anni. Per qualche tempo è stato anche il mio lavoro principale.

Quindi ritengo di conoscere molto bene il settore, con le sue molte luci e moltissime ombre. Ed a riguardo ho una visione molto disincantata.

Detto questo,  il mio consiglio per gli operatori olistici è il seguente:

Non è il caso di sforzarsi di fare pace col fatto che, nella maggioranza dei casi, chi approccia al mondo olistico lo fa quando sta male, per trovare un qualche tipo di conforto, rifugio, consolazione?

Noi del mondo olistico, mi ci metto dentro anche io, siamo tutti gente che, in qualche modo, ha dovuto raccogliere i pezzi. Personalmente, diffido da chi se ne vergogna.

Per contro la domanda è:

una volta ristabilita una certa integrità, non è il caso di resistere alla tentazione di spargere sollievo, con le tecniche più disparate, per darsi il tempo e il modo di sperimentarsi come individui, un poco morti e un poco rinati a se stessi?

Perché non la lasciamo decantare un pochino questa crescita personale?

Perché non darsi l’opportunità di distinguere la sostanza dal superfluo?

A volte mi sembra che, rinforzate a fatica le fondamenta, di quella bifamiliare che non ha retto al terremoto, ci si affretti a costruirci sopra un grattacielo, per monetizzare.

Lo capisci che in una situazione simile, da fuori, salta proprio all’occhio che c’è un’urgenza nascosta là sotto, a fare pressione, oltre ogni livello di buonsenso?

Come puoi pretendere che le persone ti si affidino serene e a frotte, quando tu sei il primo a essere in conflitto coi tuoi bisogni?

Che sia il caso di ridimensionare i propri progetti?

Secondo me si.

Se non altro per evitare futuri disastri e relative vittime.

Per chi ha il coraggio di farlo c’è un dopo, in cui si riconosce senza eccessivi patemi d’animo sia i propri bisogni, sia il potere, sia la responsabilità, nei confronti delle persone che a noi si affidano.

Se sei in questa fase;

Se te lo senti addosso questo coraggio, e se sei disposto a vigilare su te stesso, per cercare di evitare inutili sofferenze ai tuoi clienti; allora questo contenuto ti può essere molto utile.

I due concetti da appuntare sul taccuino

I due concetti principali per seguire il ragionamento sono che:

  1. La comunicazione è univoca e si rivolge ai molti.
  2. Mentre la relazione è reciproca e avviene tra le parti.

Si, è inesatto, è impreciso, ma permette un distinguo utile a tutti quelli che operano a fasi alterne fra gruppi e singoli. A chi deve fare spesso lo switch tra comunicazione e relazione.

Un distinguo utile a fare che cosa?

  • Ma a proteggere i propri clienti dalla tentazione di strumentalizzarli.
  • A evitare delle pericolose promiscuità.
  • Ad auto limitare il potere di suggestione del proprio carisma personale.

Forse si può usare a vantaggio di tutti, la comunicazione per la relazione.

Ma usare le relazioni in funzione della comunicazione, finisce spesso con lo sminuire il valore di qualcuno.

Finisce che si sacrifica il singolo in funzione dei meccanismi di gruppo. Non è una cosa che merita di essere approfondita in un epoca in cui tutti siamo potenzialmente direttori di mass-media?

Si, perché se ti proponi al prossimo come facilitatore della SUA crescita personale, allora il compito di proteggerlo da te stesso è in buona parte tuo.

E un bel trucco per facilitarti questo onere è quello di prendere le distanze dalla definizione di “insegnante”.

Lo so che a essere chi insegna è più facile posizionare se stessi dalla parte di chi riceve la parcella, e l’Altro dalle parte di chi la paga.

Però è anche vero che se conquisti la mente dei tuoi clienti col brand positioning d’assalto, l’unica crescita a concretizzarsi nel breve, medio periodo, sarà quella del tuo conto in banca.

Ti pare poco? Qualcuno avrà pensato.

A me francamente si.

Perché la tua promessa di mercato riguarda LA LORO CRESCITA PERSONALE.

Quella dei tuoi clienti!

E se sul lungo periodo disattendi quella promessa, addio BRAND POSITIONING!

E a quel punto resisti al mercato solo se sei paraculato.

Ma puoi provare a prendere in considerazione che, se tu puoi strutturare la condivisione di parte del tuo sapere, i tuoi clienti possono strutturare la condivisione di parte dei loro soldi. Non è così?

E di passaggio, ti ricordo che se vuoi vedere realizzati più video come questo, puoi iscriverti al canale, attivare la campanella e si, anche diventare un Patreon.

Per dare quel sostegno economico, così fondamentale per lo sviluppo di un progetto nel tempo.

E di cui anche io ho bisogno, si, certo.

Allora, tornando al ”condividere invece che insegnare”, è vero o no che se riesci a rinunciare ad essere quello che insegna, dai più valore a quelli che imparano?

Evitare di conferirti il ruolo d’insegnante, non ti costringe a ragionare su quale sia il valore di ciò che proponi, per i tuoi clienti?

Esprimi le tue sensazioni a riguardo nei commenti, per favore!

Condivisione e Brand Positionig Olistico

Secondo me, condividere invece che insegnare è come viaggiare con le ruote maggiorate, invece che con le stradali.

Vai più lento, ma vai su qualsiasi terreno!

Ecco perché CONDIVIDERE, mi sembra più prolifero che insegnare:

Perché fornisce protezione dalla propria vanità.

Darti dell’ insegnante può spingerti a relazionarti col singolo, solo per dare uno spettacolo al tuo pubblico.

Uno show che porta il tuo nome. E che in sostanza è più votato all’intrattenimento che alla crescita personale.

E che ha un effetto collaterale quasi inevitabile. La produzione di mere comparse e di capri espiatori!

Saranno loro ad essere espulsi dai tuoi scarichi, assieme a tutti gli effetti negativi delle incongruenze che tu metti in atto.

I tuoi clienti più smart però se ne accorgeranno e ti pianteranno in asso!

Ti rimarranno gli altri.

Se sono il target che desideri per te stesso… e se sei paraculato, in qualche maniera la sfangherai comunque.

In questo caso … in culo alla balena!

In ogni caso, teniamoci in contatto!

Tenendo conto che, fortunatamente, esistono modalità più efficaci, rilassate e coese, di vivere la crescita personale.

Modalità in cui si può evitare ogni repressione, incoraggiando l’espressione.

Gagliardo eh!

ter your text here…

Neuromarketing #1– Davvero?

Introduzione

Benvenuto sul canale, IL VALORE RELAZIONALE.Io sono Alessandro e oggi parleremo di neuromarketing e segmentazione.

Neuromarketing e  Segmentazione

Una strana richiesta

La settimana scorsa mi contatta un membro della mia rete su Linkedin. È un competitor per il quale nutro una certa stima.Mi invia un link a un post e mi chiede un parere. Ne sono onorato.La tesi del post è che” il neuromarketing è tutto tranne che manipolazione”.Un titolo che somiglia a un militare tedesco a inizio anni 50, in visita a una sinagoga:”Molto piacere. Mi chiamo Hans. Sono tedesco.Faccio il militare da 15 anni e non sono nazista!Nein, nein, nein, nein”!

Un articolo dozzinale

Ti riassumo l’articolo per essere più chiaro!”Il neuromarketing è ricerca, conoscenza e cosa buona e giusta.Se anche tu, come la grande azienda A o l’istituzione famosa B, ti rivolgi a un’ agenzia C, capace di applicare il neuromarketing alle tue campagne, ottieni più risultati, e cambiamenti positivi nella società.Una certa fetta della società sarà quindi più propensa ad identificarsi nei valori del tuo brand.E questa non è manipolazione. Nein! nein! nein! nein!Si capisce meglio cosa intendo?Dire una cosa è un conto, comunicarla è un altro!Ci fosse stato un caso studio almeno!

Il didascalismo moralista di un copy scadente.

Parafrasando Robert Mckee:

Quando la tua premessa è un’idea che senti di dover dimostrare al mondo e progetti la storia come se dovesse essere la irrefutabile certificazione di quell’idea, stai già rischiando di diventare didascalico.Perché nel tuo zelo di persuadere, soffocherai la voce dell’Altra Parte.Abusando dell’arte per predicare quindi il tuo copy diventerà una tesi, un sermone vagamente mascherato, in cui tenti di convertire il mondo.Questo nasce dall’entusiasmo ingenuo di credere che la narrazione possa essere usata come un bisturi, per asportare i mali della società.

Nel mio lavoro anche io mi occupo di marketing e non ho nessun problema ad affermare che tutto il marketing è manipolazione.E che cos’è che tutto il marketing manipola?Ma la propensione all’acquisto dei possibili clienti. Può farlo direttamente o indirettamente, ma lo fa!O c’è qualcuno che sgancerebbe fior di quattrini per una campagna che non serve a nulla?Quando agisci su una cosa per modificarla da com’è, la manipoli. Punto.Senza dare accezioni né positive né negative al termine manipolazione.Però è vero anche che io scelgo il come, scelgo lo stile con cui favorire questo cambiamento.Posso scegliere di farlo senza che il potenziale cliente lo sappia!Oppure posso coinvolgerlo e chiedergli il permesso!

“Ah, dici che il marketing è manipolazione! Beh in un certo senso è vero!Possiamo avere uno scambio sincero a riguardo! M’interessa il tuo punto di vista!Cosè che ti fa dire cosi del marketing”?

Se faccio così potrei avere la fortuna di una critica motivata, quindi preziosa, come quella fatta da MoreThanTech nel video qui sotto:

È quello che ti può accadere quando evolvi la tua comunicazione a una forma di relazione e perciò la costruisci rinunciando a monte, al vizio di forzare le idee dell’Altro.

Comunicare per relazionarsi – Non comunicazione fine a sé stessa

La relazione con il tuo cliente diventa il luogo in cui le idee di entrambi trovano spazio, evolvono.Non perché una uccide l’altra, ma perché l’una nutre l’altra.Le convinzioni rigide del cliente non nascono necessariamente da un’ignoranza da colmare con la didattica.Nascono dalla consapevolezza che le buone intenzioni di Einstein non hanno impedito gli sganci delle atomiche su Hiroshima e Nagasaki.E lui era Einstein.Nascono dal fatto che le belle parole di Zuckerberg non hanno riparato i danni di Cambridge Analytica!Qualcuno capace di sostenere che li il Neuromarketing non c’entrava?Nascono dal fatto che ogni giorno registriamo una mole schiacciante di cambiamenti legati alle tecnologie di profilazione che rendono il problema del potere della manipolazione sociale, molto sentito! Soprattutto se è esercitato in funzione degli inserzionisti!Talmente sentito che NETFLIX ha inserito un documentario apposito nel suo palinsesto: “THE SOCIAL DILEMMA”.E se lo ha fatto NETFLIX dovrebbe essere chiaro che, negare l’esistenza della manipolazione, intrinsecamente al marketing, non ha senso neanche dal punto di vista del marketing stesso.Mi sembra lapalissiano, ma se proprio uno vuole negare…allora: nein, nein, nein, nein!

Riassumendo quindi, dal mio punto di vista:

il marketing è manipolazione della propensione all’acquisto, e negarlo è controproducente!E perché è controproducente?Perché la negazione conduce a falsi assunti sulla realtà!E se io interpreto i dati raccolti attraverso dei falsi assunti, realizzo una segmentazione della clientela totalmente inadeguata.Le etichette e i tag non corrisponderanno davvero alle caratteristiche del cliente.La conseguenza di ciò sarà l’invio di comunicazioni sbagliate al cliente sbagliato, al momento sbagliato.È il brand depositioning.

Per esempio. Quando ho spiegato a questo mio competitor che, dal momento che non avevo trovato interessante quel post, non pensavo di essere il target giusto per quel contenuto, lui ne ha ricavato che io sarei una persona contraria alla dipendenza da agenzie e sempre favorevole all’autonomia.E si è premurato di rassicurarmi circa il fatto che hanno in calendario contenuti utili anche per persone come me.

Come me!

<p “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Peccato che io non ho proprio niente in contrario all’affidarsi a un’agenzia o a un professionista!Sono io stesso un professionista del settore!Mi ha categorizzato attraverso un falso assunto! E mi arriveranno ancora comunicazioni per me noiose ed inutili!

    <li “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Ma allora… Perché non me lo ha chiesto? <li “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Perché non ha verificato se aveva capito bene, prima di porsi nei mie confronti come se davvero io corrispondessi al tag che lui mi ha assegnato? <li “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>È così che funziona la sua segmentazione? <li “=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>È così che il suo neuromarketing dovrebbe condurre a risultati rilevanti? <li “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Ma secondo te che mi stai ascoltando, perché i bravi venditori e negoziatori si prendono la briga di riformulare, a parole proprie, quello che i clienti dicono?

<p “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Ad esempio: <blockquote “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>

“Mi sembra di capire che preferisci l’autonomia alla delega all’agenzia. È corretto”?

<p “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Lo fanno perché, se io, possibile cliente, ho la sensazione che il professionista mi abbia inserito in una categoria merceologica in cui non mi riconosco, mi viene naturale sospettare che parli di neuromarketing solo perché è una parola che sto mese è su Google Trend!E se è vero che, come dice, sta analizzando la mia risposta neurale:

    <li “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Com’è che sembra non ricevere i miei segnali di perplessità? <li “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Che valore mi arriva dai suoi messaggi? Quello che può darmi col suo lavoro o quello che vuole ottenere con nuovi ingaggi?

<p “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Si capisce quello che intendo? Me lo fai sapere nei commenti per cortesia?Io lo capisco che la frenesia porta a fare errori anche ai migliori. Però temo che stiamo smarrendo i fondamentali. <h3 “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>Recuperare i fondamentali della relazione <p “=”” =””=”” style=”text-align: left;” tve-droppable”=””>La frenesia da conversione non dovrebbe menomare l’ABC della relazione, allo scopo di compiacere le richieste implicite di un algoritmo.Quando si scrive un messaggio privato a qualcuno su LinkedIn non sarebbe meglio chiedersi:

  • perché sto contattando questa persona?
  • Apprezzo davvero quello che fa, penso davvero di potergli essere utile, o sto solo cercando qualche like e qualche visualizzazione in più?

<p “=”” style=”text-align: left;”Io ho notato una cosa:brbrPoiché il marketing usa le parole in base alla loro popolarità, per ottenere conversioni, finisce spessissimo con l’inflazionare se stesso e le parole che usa.brbrQuindi finisce spesso col parlare di tutto e di niente!brbrLo avete visto il mio video sulla a href=”https://backupilvalorerelazionale.local/2021/07/05/breve-storia-del-marketing/” target=”_blank” style=”outline: none;”storia del marketing/a?brbrQuante volte la pubblicità ha dovuto rivoluzionarsi perché era diventata l’esagerazione di sé stessa?/p/divdiv style=”padding-top: 1px !important;”h3Allora facciamo un altro piccolo riassunto:/h3pspan style=”color: var(–tcb-skin-color-4);”Dal mio punto di vista il marketing è manipolazione della propensione all’acquisto. E riconoscerlo è importante:/span/pullispan style=”color: var(–tcb-skin-color-4);”per evitare banali errori di segmentazione della clientela;/span/lilispan style=”color: var(–tcb-skin-color-4);”per prevenire comunicazioni inefficaci;/span/lilispan style=”color: var(–tcb-skin-color-4);”per produrre davvero contenuti di valore per il possibile cliente!/span/li/ul/divdivp “=”” style=”text-align: left;”>Come dice Montemagno in un recente video: <blockquote “=”” =””=”” style=”text-align: left;”molto spesso non è questione di ingredienti magici, ma di girare lo sguardo nella direzione giusta!/blockquotep “=”” =””=”” style=”text-align: left;”>

E se ti occupi di ricerca di clienti e di segmentazione, è molto probabile che la direzione giusta sia smettere di voler sembrare, per forza, un figo nelle neuro scienze.Io credo che alzare l’asticella in questo settore, passi anche da qui. Tu no?

LinkedIn e interazione – Come va?

12 mesi di LinkedIn – qualche considerazione

Questo è il mio dodicesimo mese come specialista di Linkedin. E posso dichiararmi pienamente soddisfatto della piattaforma, per quanto riguarda la fase di interessamento.

Quella fase in cui i possibili clienti si rendono conto della tua esistenza e si incuriosiscono rispetto a quello che puoi fare per loro.

Invece, sto riscontrando una certa difficoltà nella fase di ingaggio. Quella parte in cui i possibili clienti cominciano a farti delle domande o ad esprimere delle perplessità.

Questo, da una parte, dipende dal tipo di post che i miei clienti sono disposti a realizzare; da un’altra parte mi sembra che la bassa interazione tenda a contraddistinguere la piattaforma chiamata Linkedin.

Per avere una conferma, basta visitare qualche gruppo e tenere conto del n. di interazioni e commenti sotto ai post.

Vi sembra di vedere del fermento intellettuale?

A me sembra che commenti e interazioni siano pochi e molti di essi si riducano ad un pretesto per essere visibili, laddove l’algoritmo ha già pagato in commenti e like.

Come per gli assetati nel deserto, la tendenza è  abbeverarsi, ma nelle oasi della visibilità.

Per quali ragioni?

Puoi scrivere come la vedi tu a riguardo, nei commenti.

2 aneddoti per entrare nel merito

Interazione nella rete vendita

Prima di darti il mio punto di vista voglio raccontarti 2 aneddoti.

Il primo è del 2019, e riguarda dei momenti di formazione all’ interno di una rete vendita.

In alcuni di questi momenti si doveva condividere con gli altri commerciali, le soluzioni usate per risolvere problemi e ottenere risultati.

Si doveva pure condividere le difficoltà in cui si versava.

L’idea era quella dell’aiuto reciproco e della condivisione di buone pratiche.

In altri termini, si trattava del famigerato “dare valore”.

Ebbene erano dei momenti incredibilmente imbarazzanti, perché i membri senior della rete vendita non spiccicavano una parola.

Questo ingenerava un clima di circospezione e diffidenza anche in me, novellino: “di cosa hanno paura, di cui non mi sono ancora accorto”?

Interazione al corso di yoga

Il secondo aneddoto riguarda dei momenti di formazione, cui ho partecipato la settimana scorsa, condotti dallo stesso facilitatore, ma in un contesto molto diverso da quello di una rete vendita: quello di un corso residenziale di yoga.

Dopo alcuni laboratori, ognuno di noi aveva la possibilità di mettere a nudo le proprie fragilità, di fronte al gruppo, in un clima di totale rispetto e assenza di giudizio.

Il livello di condivisione è risultato altissimo.

Mettere a disposizione del gruppo il mio vissuto e le mie fragilità, mi ha permesso di sentirmi accolto e supportato dal gruppo stesso, con il risultato che, dei perfetti sconosciuti, sono diventati proprio quegli amici con cui ho voglia di condividere altro tempo ed altre esperienze insieme.

Dai feedback ricevuti dagli altri, è risultato evidente che ognuno ha provato sentimenti simili. Con il risultato di sentirsi reciprocamente sostenuti, rispetto a un obiettivo comune.

Interazioni su LinkedIn

  • Da cosa dipende questa differenza di risultati?
  • In che modo ci è utile nel fare considerazioni riguardo alla bassa interazione su LinkedIn? (sentiti libro di esprimere il tuo punto di vista nei commenti).

Secondo me, la prima importantissima differenza è il contesto.

Mettere sullo stesso piatto la competizione e la condivisione è come decidere di andare sia a Venezia che a Milano, contemporaneamente.

Non è una scelta congrua, bensì conflittuale, perché non tiene conto che l’essere umano non ha il dono dell’ ubiquità e neanche quello della superposizione quantistica.

In un dato tempo, o vado a Milano o a Venezia.

Bisogna scegliere, rispettando i propri limiti.

Competizione e Condivisione

Armonizzare competizione e condivisione però è possibile, a patto di chiarire in anticipo e in comune accordo diversi contesti.

Ad esempio: lunedi si va a Milano, Mercoledi a Venezia.

In questo modo competizione e condivisione possono essere contesti differenti che dialogano tra loro, in maniera costruttiva.

Infatti in un pranzo qualsiasi, posso raccontarti sia del viaggio a Milano, sia di quello a Venezia.Quella costruttività si infrange nella promiscuità. Perché la promiscuità mina il terreno della fiducia.

Quand’è che competiamo per accelerare il reciproco miglioramento, e quand’ è invece che facciamo buon viso a cattivo gioco?

Se io ti chiedo, “quand’è che facciamo riunione col direttore a Milano” ?

E tu mi rispondi “giovedi “. Ma nel giorno giusto, lunedi, ti rechi dal direttore a Milano, biasimando a gran voce la mia assenza; a me non sembra che il tuo gesto investa sulla fiducia reciproca.

Se poi, al di la delle giustificazioni di circostanza, il disguido si ripete nel tempo, non è naturale che io attivi della circospezione?

Punti di attenzione e domande utili a sperimentare soluzioni

Da questi aneddoti evidenzio dei punti di attenzione:

  • Contesto congruo.
  • Contesto incongruo.
  • Competizione.
  • Condivisione.
  • Fairplay.
  • Gioco sporco.

Detto questo:

Domande chiave

  1.  Quali sono le caratteristiche tipiche della mia presenza su Linkedin?
  2. E quali sono le caratteristiche attuali della mia rete?
  3. Sono riuscito a impostare dei contesti congrui o ci sono delle contraddizioni che posso risolvere attraverso degli spazi dedicati?
  4. Qual’ è il mio atteggiamento generale nei confronti di ciò che non mi piace o non condivido?
  5. Riesco ad esprimere liberamente il mio punto di vista, senza giudicare?
  6. Riesce a farlo anche la maggior parte della mia rete?
  7. Se no, posso aiutarli in qualche modo?
  8. Qual’è il mio atteggiamento nei confronti dei miei competitor?
  9. Ne riconosco il valore o lo nego per paura di perdere nella competizione del “posizionamento”?
  10. In che modo posso agire per migliorare la mia rete?
  11. A quali persone posso chiedere collegamento? Da quali persone è meglio sganciarmi?
  12. Chi è utile bloccare, eventualmente?
  13. Ci sono pagine o gruppi che è utile io crei per dare un contesto congruo su un argomento specifico?
  14. Ci sono dei limiti di piattaforma che è utile accettare come sono, e valutare di compensarli con un’ altro social?

Spero che queste domande vi facciamo vedere delle possibilità di azione interessanti.

E ‘utile ricordare, secondo me, che la comunicazione istituzionale va benissimo. Ma se voglio interagire con le persone, è utile metterci la faccia, raccontarmi, usare una comunicazione più personale.

Le fasi del marketing vanno attraversate tutte. In qualche modo l’interazione va innescata, se occorre, sperimentando interdipendenza tra diverse piattaforme.

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Grazie, buone cose e alla prossima.